Pagina:Storia della letteratura italiana - Tomo I.djvu/226

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Parte III. Libro III. 187


amici, che gli assistevano, Tucca e Vario, comandò nel suo testamento, ch’essa fosse bruciata. E perché essi gli fecero intendere, che Augusto non l’avrebbe permesso, allora diella lor nelle mani, ma a patto, che né cosa alcuna vi aggiugnessero, e i versi ancora, che da lui non erano stati finiti, lasciassero così, com’erano, imperfetti. Essi nondimeno per comando d’Augusto emendarono in qualche parte il Poema; ma non si ardirono, come scioccamente hanno osato di fare alcuni moderni, né di aggiugnere un nuovo libro all’Eneide, né di compire i versi, ch’eran rimasti imperfetti. I versi, che sotto il nome d’Augusto abbiamo alle stampe, con cui comanda, che non diasi alle fiamme l’Eneide, appena vi ha chi li creda da lui composti.

XX. Varj aneddoti intorno a Virgilio si leggono nella Vita scrittane da Donato; ma tante cose in essa si incontrano inverisimili e false, che è troppo difficile l’accertare, quali sian le vere. Nulla dirò io pure delle puerili inezie, che sono state scritte da alcuni intorno alla Magia da Virgilio appresa ed esercitata. Il Naudè lo ha bravamente difeso nella sua Apologia degli uomini dotti accusati di Magia. E lungamente ne parla anche il Bayle. Ciò che è costante presso tutti si è, che Virgilio fu di dolce indole e di piacevoli maniere, modesto nel conversare, sincero amico, e da Augusto, da Mecenate, da Orazio, e da tutti i più celebri uomini di quella età sommamente amato. Un frammento di lettera da lui scritta ad Augusto ci ha conservata Macrobio77, in cui troppo bene ci fa egli conoscere la sua modestia, perché qui debba essere ommesso: Ego vero frequentes a te 115 literas accipio... De Ænea quidem meo, si me hercule jam dignum auribus haberem tuis, libenter mitterem; sed tanta inchoata res est, ut pœne vitio mentis tantum opus ingressus mihi videar; cum præsertim, ut scis, alia quoque studia ad id opus multoque potiora impertiar. Ma questa sua modestia non tolse, che in sommo onore non fosse egli in Roma; che sembra anzi, che tanto più volentieri si dian le lodi ad alcuno, quanto più ei se ne mostra schivo e nemico. Accadde talvolta, che recitati essendosi in teatro alcuni suoi versi, tutto il popolo levossi in piedi, e a Virgilio, che vi