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Parte III. Libro III. 219

Del rimanente altro non sappiamo di Fedro, se non ch’ei fu liberto d’Augusto, e natio della Tracia. Questa dichiara egli stesso essere la sua patria:

Cur somno inerti deseram patriæ decus?
Threissa cum gens numeret auctores suos,
Linoque Apollo sit parens, Musa Orpheo &c.190

E più chiaramente nel luogo stesso afferma di esser nato sul colle Pierio:

Ego quem Pierio mater enixa est jugo.

E osserva appunto Strabone, che questo monte apparteneva alla Tracia. Pieria, Pimpla, Libethrum olim Thraciæ fuere montes regionesque. Ma per quale occasione e in qual tempo fosse egli condotto schiavo a Roma, non è si agevole a diffinire; e nel silenzio, che intorno a lui han tenuto gli antichi scrittori, sarebbe inutil fatica il tentare di illustrarne più chiaramente la vita.

XLIX. Questi furono i più illustri Poeti, che fiorirono nell’epoca di cui parliamo alla Romana Letteratura tanto gloriosa. Fra questi niun Tragico e niun Comico ho io nominato, sì perché niuno di essi è pervenuto sino a noi, sì perché in questo genere inferiori di troppo rimasero i Romani ai Greci. Per ciò che appartiene alla Commedia, Quintiliano stesso sinceramente confessa, che non eran i Latini arrivati giammai ad uguagliare la grazia e la finezza de’ Greci: In Comœdia maxime claudicamus... vix levem consequimur umbram, adeo ut mihi sermo ipse Romanus non recipere videatur illam solis concessam Atticis venerem, quando eam ne Græci quidem in alio genere linguæ obtinuerint191. Pare che nella Tragedia alquanto più felicemente riuscissero i Romani. Certamente lo stesso Quintiliano parlando degli Scrittori di questo genere di componimenti dice: Jam Varii Thyestes cuilibet Græcorum comparari potest192. Questa è quella Tragedia, di cui dicemmo di sopra, dubitarsi da alcuni, che da Vario ossia Varo non fosse stata involata a Cassio Parmigiano. Se ella ci fosse rimasta, potremmo esaminarla noi pure, e metterla al paragone con quelle di Sofocle e di Euripide, e vedere se regga al confronto. Ma poiché ella si è smarrita, e poiché



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