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228 Storia della Letteratura Italiana.

di lui dice Vellejo Patercolo212, ubi res vigiliam exigeret, sane exsomnis, providens, atque agendi sciens; simul vero aliquid ex negotio remitti posset, otio ac mollitiis pene ultra fœmina fluens. Quindi non è maraviglia, che de’ Poeti egli fosse sincero amico e protettor liberale; poiché egli trovava nelle lor Poesie e conforto alle sue infermità, e pascolo alle sue inclinazioni.

LV. Tale era il fiorente stato della Latina Poesia al secolo d’Augusto, che si può veramente chiamare il secolo de’ Poeti. All’età di Augusto, dice il Conte Algarotti , era riserbato veder recata al sommo grado la Poesia. Doveva a quel tempo Tibullo sospirare ne’ più leggiadri versi del mondo i teneri suoi amori; mostrare Ovidio, quanto possono dar le Muse di facilità, di pieghevolezza, di fecondità d’ingegno; Virgilio dovea di picciol tratto rimanersi dopo il grande Omero, correre quasi del pari con Teocrito, e di lunghissimo spazio lasciarsi Esiodo dietro alle spalle; e dovea Orazio riunire in sé medesimo le qualità tutte de’ Poeti lirici, che per più di due secoli aveano beato la Grecia. Ma dalla Poesia, che sì lungamente ci ha trattenuti, passiamo omai agli altri generi della Letteratura, che a questo tempo fiorirono in Roma mirabilmente.




C A P O II


Eloquenza


I. Se il diletto, che reca la Poesia, fu cagione, ch’essa prima dell’Eloquenza fosse coltivata in Roma, il vantaggio e l’onore, che a’ Romani veniva dall’Eloquenza, fu cagione, che questa prima della Poesia giungesse alla sua perfezione. Già abbiam veduto il felice progresso, ch’essa avea fatto sino innanzi all’ultima guerra Cartaginese. L’onore, in cui erano gli Oratori, il poter, ch’essi aveano nella Repubblica, e le dignità, a cui l’Eloquenza li conduceva, determinarono molti tra’ Romani a coltivarla con ardore e con impegno sempre maggiore. Ma dappoiché la conquista della Grecia, che non molto dopo la distruzion