Pagina:Storia della letteratura italiana II.djvu/267

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e per quelle si comunica a’ corpi; ond’è che l’affetto ben formato ama la corporal bellezza, per quel ch’è indice della bellezza di spirito. Anzi quello che ne innamora de’ corpi, è una certa spiritualità che veggiamo in essi, la qual si chiama bellezza, la qual non consiste nelle dimensioni maggiori o minori, non ne’ determinati colori, o forme, ma in certa armonia o consonanza di membri e colori. L’amore sveglia nell’anima il lume naturale, o la visione intellettiva, la luce intellettuale, e la tiene in istato di contemplazione o di astrazione, sì che pare insana e furiosa, come posseduta dallo spirito divino. Questo è non il volgare, ma l’eroico furore, per il quale l’anima si converte come Atteone in quel che cerca, cerca Dio e diviene Dio, e avendo contratta in sè la divinità, non è necessario che la cerchi fuori di sè. Perciò ben si dice il regno di Dio essere in noi, e la divinità abitare in noi per forza della visione intellettuale. Non tutti gli uomini hanno la visione intellettuale, perchè non tutti hanno l’amore eroico; ne’ più domina non la mente, che innalza a cose sublimi, ma l’immaginazione, che abbassa alle cose inferiori, e questo volgo concepisce l’amore a sua immagine:

Fanciullo il credi, perchè poco intendi;
Perchè ratto ti cangi, e’ par fugace;
Per esser orbo tu, lo chiami cieco.

L’amore eroico è proprio delle nature superiori, dette insane, non perchè non sanno, ma perchè soprasanno, sanno più dell’ordinario, e tendono più alto, per aver più intelletto.

La visione e contemplazione divina non è però oziosa ed estrinseca, come ne’ mistici e ascetici; Dio è in noi, e possedere Dio è possedere noi stessi. E non ci viene dal di fuori, ma ci è data dalla forza dell’intelletto e della volontà, che sono tra loro in reciprocanza d’azione, l’in-