Pagina:Storia della rivoluzione piemontese del 1821 (Santarosa).djvu/101

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lavano che a togliere ai loro nemici persino il pretesto di calunniarli, e non aspiravano che all’onore di difendere col braccio il proprio paese da quel posto che al governo sarebbe piaciuto assegnar loro. Inoltre con Dalpozzo e Villamarina ministri, La Cisterna e Morentini1 membri della Giunta, nonchè con moltissimi altri amici di libertà rimasti a Torino, reputavano abbastanza securi gl’interessi della patria. Senonchè un proclama del reggente (Vedi Doc. N.), con cui si accordava perdono ai soldati che avean preso parte alla rivoluzione, spiacque loro, e contro tale disposizione, apertamente opposta ai principii di libertà, inviarono a Torino latori di loro proteste al principe, Lisio, Luzzi e Baronis i quali vennero pure incaricati nello stesso mentre dalla Giunta provvisoria di Alessandria, lasciata senza instruzioni dal governo, di richiedere al reggente ordini positivi ai quali attenersi.

Al loro ritorno in Alessandria vi ritrovarono Carlo di San Marsano, reduce egli pure dalla sua spedizione di Novara che era stata coronata da un esito felice. Poichè, accolto con entusiasmo a Casale e Vercelli, era di là marciato con 300 uomini di fanteria, e 200 cavalli su Novara, ove il governatore della divisione conte Della-Torre erasi assieme a 1500 uo-

  1. I lumi, le virtù, l’animo elevato dell’abate Marentini inspiravano fiducia nei Liberali. Ma M. de Beauchamp cui van molto a versi les comités directeurs fa nel suo scritto Marentini e Santarosa membri di quello di Torino al momento che scoppiò la rivoluzione. Peccato per lui, che queste due persone avessero parlato assieme la prima volta nel giorno 20 marzo, alla seduta della giunta cioè dieci giorni dopo la rivoluzione.
SANTAROSA.
 
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