Pagina:Storia della rivoluzione piemontese del 1821 (Santarosa).djvu/39

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finanze, tanto più da temersi, sotto di assoluta monarchia, in quanto che alternativa di due danni, de’ quali l’uno o l’altro inevitabile; infatti o il governo è forte e opprime di enormi contribuzioni i soggetti, intaccando i proprietari sin ne’ loro capitali, ed adottando altri ruinosi espedienti che mandano a soqquadro le fortune, o è debole, e cade in dissoluzione lo Stato, ed il popolo di sua natura impetuoso nella manifestazione degli allarme, diventa facile strumento al disordine nelle mani di faziosi.

Più si affacciavano alla mente degli avveduti Piemontesi le condizioni del paese, maggior convinzione vi lasciavano che a mettere il governo sulla via di regolare amministrazione a prevenire lo fallimento dello Stato, a fornire di sane leggi il popolo, e a guarentirne l’esecuzione, nulla maggiormente richiedevasi d’un ministero responsabile, e della sorveglianza di un parlamento. Questa verità, del resto riconosciuta da tutti e popolarissima, era soltanto contrastata da una minorità composta di nobili e vecchi magistrati, minorità che debole per numero e molto più per dottrina, cercava afforzarsi dei pregiudizii del re e sopratutto della regina; ma, convien confessarlo, avea disgraziatamente trovato appoggio in qualche uomo di Stato, affetto alla timida e funesta politica esterna di cui in appresso. E pur nondimeno conoscevano impossibile il bene nell’attuale posizione delle cose! Di quale strano amore ardevano dunque codestoro pel paese loro?

Se l’intenzione d’introdurre un governo rappresentativo in un paese potè mai sembrar legittima e ne-