Pagina:Storia delle arti del disegno.djvu/143

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cato, e insieme morbido e pastoso, avendo l’artista or vetro trasparente, or vetro opaco in alcuni luoghi opportunamente adoperato. Il più dilicato miniatore non avrebbe potuto con maggior finezza esprimere il giro della palpebra e le penne del petto e delle ale, disposte a piccolissime squamme: non parlo della coda, poiché mancava. Ma ciò che più sorprendeva in quel pezzo, si era il vedersi nel rovescio alla stessa maniera l’uccello, senza la menoma differenza nelle più piccole parti; dal che s’inferiva che la pittura ne penetrasse tutta la grossezza.

§. 28. Questa pittura sembrava da ambo i lati come granita e formata di pezzetti separati a foggia d’un musaico; ma questi erano sì ben connessi, che eziandio a traverso un’ottima lente veder non se ne poteano le commessure. Ciò osservando, e vedendo il colore passato da parte a parte, niun potea immaginare in qual maniera fatto si fosse tal lavoro; e sarebbe ciò stato per lungo tempo un mistero, se nella parte in cui il vetro era rotto, e come fiaccato da un altro pezzo, non si fossero osservati de’ fili, i quali per tutta la grossezza aveano il colore medesimo che alla superficie. Si potè da


ciò

    pref. pag. XVI. crede si debbano intendere quei lavori, che dice il nostro Autore appresso nel §. 22; e Dutens Origine des decouvertes attrib. aux modern. Tom. iI. ch. X. §. 276. pag. 218. di grandi specchi, come si usa a’ dì nostri adornare gli appartamenti. Potrebbe anche dirsi, che con espressioni così forti, e piene di maraviglia quegli scrittori abbiano voluto intendere di un lavoro più grande, cioè che con gran lastre di pasta di vetro, forse di diversi colori, si coprissero non solo i pavimenti interi, ma anche le pareti delle stanze, e le volte; se pure queste non erano a bassi-rilievi, o fregi, come pare che fossero le volte del bagno di Claudio Etrusco, del quale cantava Stazio Sylv. lib. 1. cap. 5. v. 42.:

    Effulgent camera, vario fastigia vitro
    In species, animosque nitent.

    Plinio dice, che dal pavimento il lavoro di pasta di vetro passò alle volte, in cameras, colla qual parola probabilmente intendeva anche le pareti. Ora gli antichi solevano fare il pavimento tutto di un pezzo di tali paste, o almeno di più pezzi così perfettamente uniti, che non era possibile scorgervi commessure. Il Passeri Lucernæ fictiles etc. tab. LXXI. pag. 67. attesta di aver veduti simili pavimenti, senza però dire di che grandezza, in alcune antiche camere sotterranee in una vigna di Roma tra la porta Capena, e la chiesa de’ Ss. Nereo, ed Achilleo. Uno era di color verde tutto eguale, dell’altezza di mezz’oncia; e per quanto diligentemente lo esaminasse non potè accorgersi, che vi fossero stati impiegati a farlo più pezzi. Onde ei crede, che avessero gli antichi delle macchine, ed istrumenti portatili per fondere, e gettare quelle gran lastre ovunque volevano. Simile a questo pavimento sarà stato quello, che dice Winkelmann dell’Isola Farnese; e l’uno e gli altri ci persuadono, che fossero molto in uso presso gli antichi doviziosi; e che i detti scrittori di essi forse intendessero parlare. Non escludo per altro il musaico, del quale meglio si parlerà in appresso.