Pagina:Storia di Milano I.djvu/215

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anello, ovvero una corona, o un cinto, ovvero una veste o un drappo, ovvero un zendado; e qualora il matrimonio poi non si dovesse più fare, se lo sposo aveva dato un bacio alla sposa, non si doveva a lui restituire se non la metà del regalo: Si nomine sponsalitiorum annulus, vel corona, vel cingulum, vel quid simile, seu amictum, vel pallium, vel zendadum detur; matrimonio non secuto, medietas redditur si osculum intercesserit; così le consuetudini di Milano dell’anno 1216. Dello stato delle lettere in quei barbari tempi pochissimo se ne può dire. Unicamente sappiamo che molti de’ nostri giovani allora andavano in Francia a fare i loro studii; ed è assai probabile che le turbolenze interne alle quali era in preda la Repubblica, non permettessero quella placida educazione che è necessaria per avervi delle scuole e de’ maestri utili. Fra i paesi vicini, il più tranquillo e indifferente per noi era la Francia, colla quale non avevamo più veruna politica relazione. Sotto Lottario s’erano scoperte in Amalfì le Pandette, e s’era risvegliato un fermento universale per lo studio della giurisprudenza. Il nostro Oberto dall’Orto fu distinto fra i dottori di quel tempo; e maestro Giovanni, pure nostro cittadino, fu un medico che ebbe molta parte nel far risorgere la facoltà che coltivava, in Salerno. Egli scrisse in versi latini un trattato di medicina per Enrico I, figlio di Guglielmo il Conquistatore, re d’Inghilterra, che così comincia:

Anglorum regi scribit schola tota Salerni ecc., e sebbene la ragione umana fosse coltivata da pochi, e con poverissimo successo, se vogliansi paragonare