Pagina:Storia di Milano I.djvu/229

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il conte Giulini la crede posta al ponte dell’Ospedale) i Milanesi non ardirono mai di presentarsi, o per timore o per riverenza verso la persona dell’imperatore: Sed nec ad portam, ubi militia principis obsidionem celebrabat, excursus facere, dubium an metu, an reverentia imperatoris cohiberentur. Tentarono gl’imperiali di prendere la città di assalto, e potè loro riuscire di porre il fuoco ad una porta ed al bastione vicino, combustibile, perchè composto di fascine e travi, che rassodavano la terra e la munivano al di fuori; ma furono vigorosamente respinti, e il colpo andò a vuoto. Ciò nondimeno fa meraviglia, come dopo un mese di blocco la città si rendesse; e non è facile il persuaderci, come questa dedizione fosse allora cagionata dalla fame e dalle malattie, siccome varii scrittori asseriscono, appoggiati al testimonio Radevico. Non è da credersi che i Milanesi da lungo tempo prevenuti dell’odio dell’imperatore, e che con prodigioso dispendio ed ardimento avevano premunite le abitazioni colla linea di circonvallazione, avessero preparato così poco ne’ magazzini, da penuriare dopo di un mese; nè è da credersi che un morbo contagioso ponesse tanta desolazione da obbligare in quattro settimane alla dedizione una città non ancora offesa da macchina o assalto nemico; tanto più che di questa supposta pestilenza, la quale avrebbe dovuto comunicarsi al campo nemico, nessuna menzione se ne fece poi; e il canonico Vincenzo di Praga, che era presente a questi avvenimenti, non scrive nè della fame nè d’altra malattia, se non che: Foetor cadaverum intolerabiliter ex utraque parte omnes cruciabat exercitus