Pagina:Storia di Milano II.djvu/37

Da Wikisource.

la signoria di Milano, vedendosi preferito il marchese Gonzaga, anzi che servire sotto di lui, passò ad offrirsi al conte Francesco Sforza. Egli era stato sempre, siccome dissi, emulo non solo, ma nemico e atroce nemico del conte; ciò nondimeno il conte lo accettò per suo generale, e gli accordò un onorevole stipendio. Due uomini volgarmente zelanti, certo Barile e certo Frasco, andavano animando il conte perchè lo facesse uccidere, o per lo meno lo imprigionasse come irreconciliabile nemico, che, per necessità, simulava in quel momento, e che poi, al primo lampo di speranza di nuocergli, se gli sarebbe nuovamente avventato contro. Il conte Francesco rispose loro che vorrebbe piuttosto morire, anzi che violare la fede verso chi s’era abbandonato al suo potere. In fatti il Piccinino desertò poi con tremila cavalli e mille fanti; ma il tradimento non produsse altro effetto, che una macchia di più alla di