Pagina:Storia di Milano II.djvu/51

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Uno spirito, ora cenobitico, ora insidiosamente timido e atroce, detta le leggi, dirige le azioni. Erano i nostri, tre secoli prima, agresti, rozzi, ma generosi, guerrieri e affezionati alla patria. I loro discendenti, degradati nella servitù di cattivi principi, sembrano un’altra nazione; e perciò il Secretario Fiorentino ebbe a dire: - Pertanto dico che nessuno accidente (benchè grave e violento) potrebbe ridurre mai Milano o Napoli libere, per essere quelle membra tutte corrotte. Il che si vide dopo la morte di Filippo Visconti, che volendosi ridurre Milano alla libertà non potette e non seppe mantenerla. La città, colla mediazione di Gaspare da Vimercato, si rese a Francesco Sforza dopo trenta mesi e mezzo di anarchia, ossia d’un atroce disordine chiamato Repubblica. Le monete d’oro e d’argento battute in Milano in que’ tempi hanno da una parte sant’Ambrogio, e dall’altra la Croce e la lettera M., colla leggenda Comunitas Mediolani, e lo stemma della città. Francesco Sforza entrò in Milano il giorno 26 di febbraio del 1450. Coloro che si lagnano de’ tempi presenti, ed esaltano la felicità de’ maggiori, torno a dirlo e lo ridirò pure altra volta, non sanno la storia.