Pagina:Sulla reciproca influenza della libertà politica e dell'industria mecanica dei popoli.djvu/2

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272 della libertà politica

pio cultore delle memorie del passato, e restituitovi me, povera sentinella avanzata dell’avvenire.

Io non vi nascondo però, o Signori, che sono conscio della mia insufficienza, sia pei vasti progressi che la mecanica pratica ha fatto in questi ultimi tempi, sia per il confronto del luminoso sapere di tanti professori, alcuni già miei colleghi prima del 1849, e più altri aggiunti dopo quell’epoca. Ma a questo sarà parziale rimedio lo zelo mio nel disimpegnare come meglio saprò lo affidatomi incarico; e pel resto vi prego, o giovani, che supplisca la vostra indulgenza verso di me, e la risolutezza vostra propria di profittar negli studj.

Ora, sebbene non siavi alcun intrinseco rapporto fra la mecanica e la politica, esse hanno mutue attinenze, indirette bensì, ma pure importantissime. Concedetemi pertanto, o Signori, che, valendomi oggi di quel largo campo che suolsi accordare ad un discorso inaugurale, io tolga a precipuo assunto del mio dire la reciproca influenza della Libertà politica e dell’Industria mecanica delle nazioni.

Li argomenti logici, coi quali mi è dato di dimostrare che la libertà civile è utile al progresso dell’industria, potrebbero egualmente servire a dimostrare che la libertà è utile al progresso delle scienze, delle lettere, e delle arti, e che il dispotismo è loro fatale.

Imperciocchè là dove impera uno solo, o pochi, le intellettuali e morali facultà degl’imperanti sono viziate dall’ebbrezza del potere; quelle degli altri, dalla degradazione della servitù.

Imaginatevi un uomo che ha sugli occhi una fitta benda cui non può levarsi, ma che vuole ciò non ostante incamminarsi ad una meta lontana. Immaginatevi di più che egli abbia attorno a sè della gente che fanno a gara a spingerlo in tutt’altra direzione da quella che alla meta conduce: sarà allora viemaggiormente difficile od impossibile che vi arrivi. Tale è il caso del despota. Si proponesse pur egli sinceramente per iscopo la felicità de’ suoi sudditi, egli non può riuscirvi, perchè non avvi mente d’uomo sì forte la quale veder possa da sè tutte le cose. Ora coloro che l’attorniano, non solo gli mantengono una benda sugli occhi con celargli il vero, ma per arrota fanno continui sforzi onde insinuargli il falso, e deviarlo dalla meta del bene generale, considerandolo come opposto al loro proprio.