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272 della libertà politica

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ascendesse ad un millione, e quella dell’isola intera a ben dieci millioni.

La gran Roma unì attorno al suo poderoso vessillo queste due parti d’Italia, e fuse nella propria le due civiltà, greca ed etrusca. Tale è il vero soggetto, poeticamente travestito, della più patriotica e più gentile delle italiane epopee, dico dell’Eneide di Virgilio. I Romani erano in vero principalmente guerrieri e conquistatori: cotesta era la loro missione providenziale: unire ed incivilire le sparse nazioni:

Tu regere imperio populos, Romane, memento,
Parcere subjectis, et debellare superbos: —

ma ha errato il Mengotti nel crederli quasi estranei alla navigazione ed al commercio. Ne sia argomento, fra li altri, che, sin dai primi anni della Republica, fecero con Cartagine un trattato di commercio in nome proprio e delle altre città latine. Le loro medaglie, le loro armi, conservate ne’ musei, ma più che ogni altra cosa, i grandiosi avanzi delle loro costruzioni: il sistema delle loro strade, il quale mai non ebbe nulla di superiore nel suo genere, tranne le moderne ferrovie; i loro ponti, i loro aquedotti, le cloache, i bagni, le basiliche, li anfiteatri, fanno splendida testimonianza della loro industria. L’onorevole specialità di questa si è, che mirava al ben essere delle masse, più che a quello di pochi individui.

Gloria imperitura di Roma e dell’Italia si è, che ella communicò l’incivilimento e l’industria agli antenati de’ moderni Spagnoli, Francesi, Svizzeri, Belgi, Olandesi, Tedeschi, Inglesi, Ungaresi e Valachi: i quali ultimi si vantano di serbar oggi ancora sulle sponde del Danubio il nome di Rumeni, o Romani. Gloria ancor maggiore d’Italia e di Roma si è, che ne’ bei tempi della Romana Republica ella si meritò il magnifico elogio fattole più tardi da Cicerone, che ell’era, più che un impero, un patrocinio del genere umano. Le debellate nazioni erano forzatamente aggregate al romano impero, ma rimaneva a loro la scelta di conservare la loro religione, la loro lingua, le loro istituzioni politiche, o di adottar quelle dei Romani. Terminavano coll’adottar liberamente queste ultime, solo a cagione della riconosciuta loro superiorità.