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124 EMILIO SALGARI

— Lo domando a te — rispose l’indian-agent.

— Preferirei aver da fare con un orso grigio, piuttosto che posare un piede sulla testa di questi terribili rettili.

— Ti credo.

— Guarda se ve ne sono altri nascosti fra i crepacci delle rocce.

— E voi tenetevi pronti a schiacciarli coi calci delle vostre carabine.

John perlustrò attentamente tutte le spaccature, facendo cadere la luce della lampada anche dentro le buche, poi si rimise in marcia con infinite precauzioni, risalendo le rocce che contornavano il Mar Morto e che erano quasi tutte di natura carbonifera.

Mentre avanzavano, l’uragano pareva che raddoppiasse il suo furore. I tuoni si succedevano ai tuoni con una frequenza inaudita, ripercuotendosi sempre più spaventosamente dentro la caverna.

In certi momenti giungevano agli orecchi dei quattro uomini perfino le urla diaboliche del vento. Un ciclone imperversava certo sulla prateria, uno di quei cicloni americani che rovesciano in pochi minuti delle città intere, se ne trovano sul loro percorso, e che lanciano in aria animali e uomini.

Dopo cinque minuti di continua salita e discesa, John ricevette in pieno viso una folata di vento che lo fece quasi indietreggiare.

— Siamo dinanzi al passaggio che ci condurrà all’aperto!... — gridò tenendo ferma la lampada per impedirle di oscillare. — Camerati, siamo salvi!...

— Ed a tempo, mi pare — disse Harry. ― Il Mar Morto gonfia a vista d’occhio e le sue rive scompaiono con una rapidità spaventosa.

— Vada ora sotto tutto, anche la miniera, non m’importa — dichiarò l’indian-agent, che, alzata la lampada, aveva scorto un’apertura di forma irregolare, abbastanza ampia però da permettere il passaggio ai fuggiaschi, e dalla quale scendevano, ad intervalli, violentissimi colpi di vento.

— Fuggiamo presto — soggiunse Giorgio, alzando la voce per dominare il fragore del vento e il rumore del tuono. ― Io ne ho abbastanza della miniera ed anche del Mar Morto. Sono nato per la prateria luminosa e verdeggiante e non già per vivere dove si nascondono le talpe.

— Stringetevi a me ― comandò John. ― E tu, Harry, prepara una torcia d’ocote se non sono bagnate.

― Le mie sono asciutte ― disse Giorgio. ― Devo accenderne una?

— Ah! non ora!... Il grisou sta certamente sopra di noi.

― Si va? — chiese Harry.

John si cacciò dentro il passaggio, ma tosto retrocesse così impetuosamente da mandare quasi a gambe levate i compagni che lo seguivano petto contro dorso.