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SULLE FRONTIERE DEL FAR WEST 171

una tinta grigiastra dovuta alla straordinaria evaporazione, sicchè è difficile usare perfino dei telescopi. Le acque tengono in dissoluzione quasi un quarto del loro peso di materia solida, circa sei volte e mezzo di più di quanto ne contiene l’acqua del mare più ricca.

Bastano tre vasi di liquido raccolte nel gran Lago Salato per ottenere, in conclusione, un vaso di sale purissimo!...

D’altronde tutte le rive che circondano quel bacino sono coperte di veri lastroni di sale che producono l’effetto di hummoh polari. Spinte dai venti le acque si riversano nelle spaccature o nelle bassure e là non tardano a evaporare e solidificarsi.

Tuttavia non si dubita che il Lago abbia avuto, in epoche lontane, un liquido non meno dolce di tutti quegli altri disseminati sulla superficie della terra.

Pare che la salsedine così intensa che attualmente vi si riscontra, sia dovuta all’azione delle acque piovane che s’infiltrano attraverso le rocce ricche eccessivamente di sali.

Una tale salsedine, come si può immaginare, non è tollerata nè dai pesci, nè dagli uomini. I primi, trascinati dai fiumi, appena giungono nel grande bacino, muoiono; i secondi corrono gravi pericoli, poichè gli occhi non possono più vedere nulla e riportano come delle bruciature che durano anche più di un’ora.

Solamente una conchiglia univalva popola quelle acque e pare che ci si trovi abbastanza bene.

Gl’Indiani hanno un istintivo orrore per le acque di quel Lago e non a torto si tengono lontani dalle sue rive, o meglio si tenevano, poichè oggidì anche gli Arrapahoes hanno emigrato dinanzi alla crescente invasione degli uomini pallidi venuti dai lontano levante ed anche un po’ dalle sponde del Pacifico.

Anche gli Americani di razza bianca e perfino i negri non osano prendersi nessuna confidenza con quelle acque così dense che guastano, invece di rinforzarla, la vista, e che impiastricciano i capelli e che coprono i corpi d’un vero strato di sale che sembra brina.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

I quattro avventurieri, appena giunti sulle rive del Lago, si erano affrettati a sbarazzare i loro cavalli delle selle e delle briglie perchè potessero riposarsi più liberamente; poi, senza quasi tirar fiato, avevano aperto un vero fuoco di fila contro una banda di corvacci che scorrazzava sulle alte rive, non meno affamati di loro, molto probabilmente.

La cena era magra, tuttavia pel momento poteva bastare. Certo che un paio di zamponi d’orso nero sarebbero stati più graditi, anche più di quelli d’un orso grigio.

— Per questa sera accontentiamoci dei pennuti, — disse John, il quale si adattava facilmente a tutto. — Ci rifaremo all’hacienda. —

Nuvola Rossa, udendo parlare nuovamente della fattoria che il