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188 EMILIO SALGARI

— Ah!...

— Mi hai capito? — chiese Yalla, dopo qualche istante di silenzio.

— L’udito dei Corvi non è nè migliore nè peggiore di quello degli Sioux, quindi come tu hai intese le mie parole, io ho intese perfettamente le tue. —

Yalla ebbe un sussulto d’ira che subito però represse.

Nuvola Rossa continuò a fumare fingendo di non vedere, mentre invece nulla sfuggiva ai suoi sguardi acutissimi.

— E non mi chiedi nulla del colonnello? — chiese la terribile donna. — Nemmeno se è morto o ancora vivo? —

Nuvola Rossa staccò dalle labbra il cannello della pipa e fissò suoi occhi su una fiasca di terracotta che era sospesa, per una correggia, ad un palo della tenda.

— Ho sete, — disse. — Vi deve essere dell’aguardiente là dentro e siccome Mano Sinistra, da buon fratello, ha messo a mia disposizione tutto ciò che il suo wigwam contiene, ne approfitterò.

Vi sono due bicchieri di corno sopra quel cofano: empili.

— A chi lo dici? — domandò Yalla, fremente.

— A te.

— Ad una guerriera?... —

Nuvola Rossa la guardò con due occhi freddi, ma nei quali si leggeva una malignità profonda, poi disse:

— Forse che tu non sei la mia squaw? Chi sono dunque io? Devo ricordarti che sono tuo marito?

Pel genio della notte, dammi da bere!... Io non sono uno schiavo, non sono un culatta1, sono un sakem della grande tribù dei Corvi.

Ho detto!... —

La sua voce si era a poco a poco animata, diventando sempre più minacciosa, mentre la mano sinistra andava accarezzando la lunga impugnatura del machete.

Yalla stette per alcuni istanti immobile, esitante fra l’obbedire o tener testa a suo marito, fosse pure con un combattimento terribile, poi dopo d’avergli lanciato uno sguardo pieno di fuoco, cedette dinanzi al guerriero.

Si avvicinò al palo, staccò la fiasca, empì i due bicchieri di corno e si sedette dall’altra parte del fuoco, dicendo con voce sorda:

— Il mio sakem può bere. —

  1. Meticcio.