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SULLE FRONTIERE DEL FAR WEST 223

— Tanto ci odiano gli Sioux? — disse il giovane Devandel.

— Pare, — rispose John.

— E perchè vorrebbero prenderci vivi?

— Chi lo sa?

— Per tenerci come ostaggi?

— Bisognerebbe chiederlo a quei furfanti, signor Devandel.

— Non potremo sperare su nessun soccorso?

— Toglietevi dal cervello l’idea che qualche colonna di volontari dalle frontiere giunga fino a noi.

Tutta la prateria è nelle mani degl’Indiani, e ci vorrà del tempo prima che il Governo lanci al di là dell’Arkansas le sue truppe.

Sulla California non ci contate. Dalla Sierra Nevada non scenderà un soldato.

— Quello che mi dite, John, non è incoraggiante.

— Lo so, signor Devandel, ma io non voglio farvi brillare delle speranze irrealizzabili.

Noi non possiamo ormai più contare che sul valore dei nostri uomini e sui colpi dei nostri rifles....

To’!... Che cosa fanno quei vermi?

— Si direbbe che esplorano, — disse Harry.

Parecchi drappelli di cavalieri si erano staccati dal corpo principale, spingendosi in varie direzioni.

Alcuni seguivano la riva del Weber ed altri attraversavano, a corsa sfrenata, le piantagioni di cotone, massacrando senza misericordia i raccolti già assai promettenti.

Erano tutti armati di carabine e di tomahawah, però alcuni portavano ancora le lance e gli scudi di pelle di bisonte e di bufalo.

Abilissimi cavalieri, facevano superare ai loro svelti mustani, pieni d’impeto e di fuoco, le stecconate che cingevano le piantagioni, facendo fuggire stormi di tacchini ormai addomesticati e che i negri ed i meticci della fattoria non avevano avuto il tempo di raccogliere nel vasto cortile.

Gli altri erano rimasti fermi sulla fronte della pineta, spiegati su una doppia linea. Dinanzi a loro vi erano Yalla, il gambusino, o meglio Nuvola Rossa e due Capi, riconoscibili per l’incomodo, quantunque pittoresco, trofeo di penne di tacchino selvatico che scendeva lungo il loro dorso.

Dovevano essere Caldaia Nera e Mano Sinistra, i due grandi sakems degli Arrapahoes, che si disputavano i territorî situati all’est ed all’ovest del Lago Salato, già famosissimi pel loro ardimento e per la loro crudeltà.

I drappelli descrissero un largo giro intorno all’hacienda, tenendosi fuori di portata dai rifles, poi si ripiegarono verso la pineta dopo aver mandato, per tre volte, con un frastuono spaventevole, il loro grido di guerra.