Pagina:Tigre Reale.djvu/110

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cerna. Non aveva sonno, quella calma lo riposava dalle tante noie e dalle tante chiacchiere della giornata. Senza sapere di esser felice, godeva istintivamente di paragonare il suo stato presente a quello di coloro fra i suoi amici che sapeva più combattuti dalle angustie e delle tempeste della vita; passavano in rassegna macchinalmente in quella specie di sonnolenza i paradossi, le contraddizioni delle loro azioni, e d’uno in un altro sfilarono anche le agitazioni del suo spirito, le gioje turbolente e turbate, le febbrili aspirazioni del suo passato, di quel passato di ieri che sembrava già tanto lontano, e che gli infondeva una specie di inquietezza penosa, e che si legava sino alle ultime parole dei suoi amici e all’ultimo racconto del suo medico. A poco a poco s’immerse in una meditazione profonda. Erminia dormiva, rivolta verso di lui, bianca e serena, colle trecce nere sul bianco guanciale, di quando in quando sembravagli per una strana allucinazione che quel viso fattosi più cereo si profilasse, si incadaverisse, che dei profili secchi, rigidi, vi si disegnas-