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Trento. 435

fortuna in questo Mondo: Fatuus est, qui assignat Fatum, disse la Fenice de gl’Ingegni: quando per Fato non s’intenda il libero necessario Voler di Dio. Il che sia qui detto, perche mi venne à taglio, e và così.

[Cosa notabile in Trento del darsi i Premij à’ Studiosi.] Il fine poi della Tragedia è il principio della Distributione de’ Premij per i Studiosi. Chi fece il primo Personaggio di Scena, per ordinario qualche Prencipe, ò Rè di Corona, assiso à mezzo il Teatro in Maestà, chiama per nome lo Scolar, che vuol premiare, & questo comparso, lo loda in latino con brevi detti; indi à ragion di merito, lo rimunera di Dono consistente il più in libri à oro, & altro; accompagnandosi il Dono dall’applauso de’ Spettatori, trà quali siedono Primati di Città, sù gli occhi non men di tutti i Scolari, che saran da 600. In tal modo ad uno per uno si premiano li valorosi al numero prescritto, ò secondo che in quell’anno più hebbe seguaci la fatica, e competitori. E tal distributione annua risulta, per liberalità del fù Decano di Trento Giuseppe Ghelfi sù l’oggetto di rendere più studiosa la Gioventù.

[Virtù come s’accresca, Fatica come s’alleggerisca & Emulatione cosa sia.] In fatti, s’è vero, che la Virtù cresce lodata; è altresì costante, che à speme di Premio ogni grave fatica s’alleggerisce tanto più, se v’entra Emulatione l’anima de’ generosi animi. [Romana Gioventù come essercitata.] Che però i Romani su’l Detto: Dij laboribus omnia vendunt, per far comprare la Virtù à prezzo di fatica, instituirono per la Gioventù tanti Giochi, Spettacoli, & essercitij con proporre per premio una varietà di Corone; cioè d’Oro; di Lauro; di Quercia; di Mirto, & altre, che servivano in un per animar in Guerra alle Im-