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DISCORSO SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE.

di pane e di sepoltura li stringeva ad arrendersi ’. Che se non imitarono Dante, ei doveva, parmi , più presto compian- gerli, che tacciarli, com’ ei fa, di viltà *; da che quegli esuli non avevano - nò la sua tempra - né i suoi timori - né la sua speranza.

XL. Perché egli era temprato fortissimo sovra ogni altro mortale a patire insieme e operare : - perchè , arrendendosi come gli altri, avrebbe annientato la giustificazione e la ven- detta, e la gloria che la sua grande Opera preparavagli, e gli faceva

Più dolce r ira sua nel suo secreto s ;

e gli sarebbe convenuto, o abolirla ^ ; o, morendo, lasciarla in una città dove importava a famiglie potenti che fosse abo- lita*; o commetterla a’ ghibellini che la promulgassero dopo la sua morte ; e quindi procacciarsi la ignominia vera d’ es- sersi placato come agnello a chi gli mostrò il dente o la borsa e indracatosi ^ proditoriamente a vituperare la repubblica, dalla quale aveva accolto il perdono e i beneficj del ritorno alla patria : - ma sopratutto , - percliè riceveva illusioni a spe- rare dalla religione, alla quale egli s’era costituito riforma- tore. E non come quelli che poi si divisero dalla Chiesa del Vaticano; ma si per la missione profetica alla quale di pro- prio diritto, e senza timore di sacrilegio, si consacrò con rito sacerdotale nell’ altissimo de’ Cieli. TI poema sacro fu dettato per quella missione; la quale, se fu veduta non so; ma non fu rivelata da veruno mai degli interpreti. Nondimeno , a chiunque considera nell’autore il poeta anziché il legislatore di religione, Dante e quel secolo, temo, si rimarranno mal co- nosciuti.

XLI. Qualunque passione predomini abitualmente nell’animo, si rinfiamma di tutte le altre e le infiamma. E in questo uomo fortissimo destinato dalla natura e dalla fortuna a reggere a molte e ardentissime e lunghe, l’ira, la vendetta, il timore d’infamia, il disprezzo per gli uomini, la pietà di sé e del- l’ Italia, e amore di donna e di gloria e di verità , e la filo- sofia con ogni sua speculazione, e il parteggiare in politica , tutte insomma le passioni - io le chiamo necessità - del- l’ umano cuore, che spesso dormono finché non sono irritate da’ tempi e da’ casi della vita, s’ erano immedesimate a ope- rare con quest’ unica della religione. Se altri la nomina, o no, passione, o necessità, o altra cosa, poco rileva. Basti che non


{ Ordinamentiim nuper factum super absolntionem Bannitorum. Lettera cit.

2 Ut more cujusdam Cicli et aliorum. Ivi.

3 Purgatorio, XX, 96.

4 Vedi addietro, soz. XXXVI.

5 Paradiso, XVI, 49 li 2.

6 Ivi, 115, 116.