Pagina:Ultime lettere di Jacopo Ortis.djvu/262

Da Wikisource.

DISCORSO SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE.

              Vien, crudel, vieni, e vedi la pressura 
         De’ tuoi gentili ; e cura lor magagne; 
         E vedrai Santafior com’ è sicura. 
              Vieni a veder la tua Roma che piagne. 
         Vedova, sola, e dì e notte chiama; 
         Cesare mio, perchè non m’accompagne ? 1 

CX. Se non che allora , come oggi , a rifare l’ Italia avrebbe bisognato innanzi tratto disfarla. Il Machiavelli ne’ suoi di- scorsi politici lasciò per precetto, — che se certe città, ch’esso nomina, non saranno tolte di mezzo, la peste della servitù a’ fo- restieri, e tutte le sue codarde ferocie e ignominie, non saranno sanabili mai 2. — Vorrebbesi anche un Mosè al quale Dio co- mandasse di trucidare in un solo giorno venti e più mila de’ figli d’Israele educati a venerare gl’Idoli de’ Faraoni 3. Giovi dunque l’esilio perch’io non veda i danni presenti ; e so che la sepol- tura mi libererà dall’essere testimonio de’ rimedj avvenire 4. Oggi v’ è troppo filosofia. L’ umanissimo fra’ Romani esaltava la sapienza degli oppressori di Capua 5. A Dante la prima, se non la sola città da disfare e rifare a beneficio d’Italia, pa,re va Firenze; per ciò ch’egli vi aveva patito delle calamità derivate dall’alleanza de’ forestieri e de’ Papi. Le sue passioni talor pre- correvano il suo giudizio : gli suggerivano teorie politiche : e lo inducevano ad applicarle piuttosto a quella sua città che ad un’altra. Però l’osservazione di Torquato Tasso è verissima, ma non piena 6. Però che le insegnatrici di ogni opinione e le mo- trici di tutte le nostre azioni , sono pur le passioni ; e nelle anime calde insieme e vigorosissime d’intelletto e di fantasia, si concatenano in ragionamenti, si condensano in massime, e si impadroniscono della mente con impeto poco diverso dalla ma- nìa. Di che il Tasso ha pur fatto esperienza in sé troppo: e la lettera di Dante ad Arrigo VII, spira furore e ferocia. Che le vittorie d’un conquistatore di tutta l’Italia, e la desolazione di più che mezzi gli abitatori suoi, e lo sterminio di alcune città bisognassero a liberarla dalle perpetue e civili carneficine, e


1 Purgatorio, VI, 97-114.

2 « Pertanto dico, che nessuno accidente, benché grave e violento , po- » trebbe ridurre mai Milano o Napoli libere, per essere quelle membra tutte » (corrotte. » Discorsi, lib I, cap. XVII.

3 Exod., XXXII, 26-29.

4 Livio: — e il Machiavelli : « Sono questi modi crudelissimi, e nimici di

» ogni vivere, non solamente cristiano, ma umano, e debbeli qualunque uomo » fuggire. — Nondimeno colui che non vuole pigliare quella prima via del

» bene, quando si voglia mantenere, conviene che entri in questo male. Ma » gli uomini pigliano certe vie del mezzo, che sono dannosissime; perchè non » sanno essere nè tutti buoni, nè tutti cattivi. » Discorsi, lib. 1, cap. XXVI.

5 Majores nostri Capua magistratus; senatus, consilium commune , omnia de- nique insignia reipublicæ , sustulerunt , neque alivd quidquam, nisi inane no-
men Capuoe, reliquerunt: non crudelitate (quid enim illis fuit clementius , qui etiam externis hostibus victis sua saepissime reddiderunt?) sed consilio. — Ci- ceio, Agr., orat. I, alii XV, 6.

6 Vedi dietro, sez. CVII