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SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE. 273

e l’ambizione ardita e la gioventù di Cane della Scala rinsu- perbirono l’ ira e le speranze di Dante. D’ allora in poi credo ch’egli ponesse tutta la mente, e l’ardire, e la sua generosa ferocia a far divino il Poema. Allora forse i tratti più caldi su le calamità dell’Italia, e le riforme della religione furono scritti; e sentiva ch’ei non aveva da aspettarsi di rivedere Firenze, se non per decreti della provvidenza e della vittoria. Allora non che stimarsi esiliato, esiliava la sua patria da sé ; ed ascoltava più forte il comando e le ispirazioni d’ adempiere ad una ce- leste missione ’. La sua fantasia, concitata dalle sventure, e dalle passioni, e dal secolo, congiurò col suo grande intelletto a raffermarlo neUMllusione ch’ei fosse predestinato a riordinare la Chiesa. Attendendo a comporre le opere sue minori ed ap- parecchiare le menti degli uomini alla Commedia , perseverava a ogni modo nel proponimento di non nominarla *.

CXXI. Il trattato latino sovra la Monarchia, segnatamente l’ultimo hbro, tendeva ad ampliare la distinzione dell’Apostolo di Fede e di Legge ; e applicarla a ristorare i diritti di Cesare, che la età evangelica aveva inculcato a’ cristiani *. La dottrina fu poscia illustrata da molti, utilmente a tutte le Chiese pro- testanti, e oggimai ad alcune cattoliche: ma Dante fu primo Quel hbro fa da commento politico al Poema; e le sentenze


1 Sez. XLK spgg.

2 Vedi ddietro, sez. XXVII, in fine.

3 Col libro De Monarchia vedi di raffrontare il trattato De regimine principum di Tommaso di Aquino, e un altro con lo stesso titolo di Egidio Colonna, ago- si iniano, fOMtemporariPO esso pure e quosi coetaneo di Dante, ed autore del libro De ììolcslale ecrlesiasltca, rii dottrina politica al tutto contrario a quella di D;inte, onde ascrivere a’ Papi pott-stà temporale sovra i Monarchi. Pur altri cita un’altra opera d’Egidio che corre verso opinione contraria, di che vedi Tiraboscbi, voi. IV, parte I, pag. 144; donde pare che l’opera genuina d’Egidio conse’visj nel conv» nto degli Agostiniani in Cremona, e che ascriva la pree- mirienza assoluta de’ Papi sovra i Monarchi respedu materialis glacUi et re- spectu potentine saeculnris. Infatti Egidio scrisse per la lite inferocita tra Filippo- il-Bello e Bonif.icio Vili; fu peisetiuitato dal re, e favorito dal Papa; e pero a conoscere (juale dottrina ei predicasse non bisognano altri argomenti. L’altra op’Ta attribuitagli ha il tiloìo — Quaestio de utraque poteslate, — invenXaU da’ protestanti, come fecero d’altre, a v..lersi anche d«’lle autorità e sillogismi dei frati contro aile usurpazioni d’^* Papi (Append. Goldastum Monarchia Rum. Imp.. voi. 11, pag. 96.) — Mori cinque anni innanzi a Dante. Un altro Agostiniano, nominato Agostino Trionfo, scrisse un’altra opera con la stessa dottrina per ordin- «li papa Giovanni XXIl; ma forse Dante non la vide; da che non fu Unita se non un anno prima che il Poeta morisse. Trovo anche citata un’opera di J.copo da Viterbo, agostiniano anch’esso e Beato sovra gli altari, dedicata a Benedetto XI ne* ftrimi anni del spcolo xiv, col titolo De regimine Christiana; por, se tratti di politica e di preeminenza ponti’icia non saprei dirlo. Pero fa di raffrontare quanto ne dissero gli autori nominali dal Tiraboschi, voi. IV. parte I, pag. 148. — Pietro di Dante, sotto al nome del frate Francescano da Casale saettato nel Paradiso , Xll, 126, nota, ciò che poi tutti dissero, come chiamavasi Ubertino, e ricorda, ciò ch’altri tacque, che scrisse uh librò col •titolo • Proloquium de potentia Papae, coartando la sacra Scrittura e di- endo «;h • ancora il Papa doveva avt^re ciò eh’ eb e san Pietro. » — Così presso gli Editori Fiorentini e i Padov mi, ove vedi il resto della chiosa. Quel frate era vivente e irrequieto negli ultimi anni della vita di Dante.— Dell’opera sua parla forse il Waddingo, negli Annali de’ Mm„ dal 1290 al 1330, ove vedi.

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