Pagina:Ultime lettere di Jacopo Ortis.djvu/285

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tSCORSO SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE. /GO

passero oggi a ridurre la letteratura e l’ Italia alle antiche dot- trine : - che Danfe in alcune deVe sue rime , e ne’ luoghi del suo Poema, a dir così, poetici galleggia di eleganza col Petrarca ; e d’altra parte moltissimi barbarismi lasciò sfuggire, ne’ luoghi dottrinali, e voci e modi strani, cosicché ne resta ofeso non poco il d’alce e puro idioma che dagli Italiani assennati venne poscia coMunemente adoperato; ondechè avolo piuttosto che padre della^ Favella nostra può egH venir chiamato a buona ragione; e padri gli altri due lumi immortali della Nazione Fiorentina ^ il Pe- trarca ed il Boccaccio ’. - Questa non è dottrina d’oggi, né ortodossa; ben è gesuitica, e perciò temo non torni a diven- tare italiana. Forse a pubt)licare signorilmente ì^. Divina Com- media in Firenze, volevasi la teologica illus raziona, e la dot- trina gramaiaticale "? fors’ anche — ma questa è corìgettura tristissima — i nomi di Dante e Canova erano insufiìcienti per

l’iMPRIMATUR?

CXXXI Tornandomi all’ epoca della stanza di Dante in Ra- venna, e a\V Opere sue minori, il Convito pare di certo intra- preso quando l’Autore godeva di domicilio più riposato in quella città, e per 1’ appunto ne’ suoi voti alla pitria i modi grammaticali - « Sono andato per quasi tufe le parti d’Ita- » Uà » - ISoNO stato legno senza vela » - « Sono stat pc r- » tato » — Sv)N0 apparito a molti che in altra forma m’ave- » vano immaginato » - « mia persona invilìo; si fkce » — descrivono cose jjassate, senza cenno di j^enna che guidi il pen- siero a continuità d’ attuale pellegrinaggio. Che se il bisogno di correre tuttavia tapinando non gli era cessato, n<>n pare che il dolore e il motivo qualunque si fosse delle doglianze , gli avrebbero lasciato dimenticare miserie presenti. A quanti di- cessero, che poiché Dante godeva d’alcuna certezza di casa e di sepoltura, non è da j resumere ch’egli a tìne di spianarsi la via di Firenze dissimulasse le sue passioni in quell’opera, risponderei, ch’essi non furono esuli mai. Scriveva le ultime carte nell’altro suo Trattato, quand’ erasi virilmente rasse- gnato a non ripatriare se non a patti, non solo degni d’uomo innocente, ma illustre. Tuttavia ricordando « i maestri di versi, » e gli autori d’ altissime prose che l’amica sua solitudine lo » invitava di visitare*, » — produce fra pochi esempj di stile questa sentenza: - « Diiolmi di tutti, e sommamente de’ mi- » seri intristiti dal lungo esilio, e che a pena sognando rive- » dono la loro patria *. » La sintassi osservata pur dianzi ; i


1 Discorso ctt-^to, cap. I.

2 IHUi mnnm fort-t ad Vlnm fcovshifcfìnnfm) hnhilnnndnm, regulntos ridisse Poetai, Virgiliani rideliai, Ovidliim in Metnmorphoseo< Slnlinni atque Luca- ntim : nec non alias qui n i suul alUisima); pn sis. ut Tiluin Livium, liiìiiurriy Froulitium, l*uu’am Orusium, et multos alius, quos amica noliUdo nos vigilare invitai. — De Vulgari Eloquentia, lib. Il, cap. 8.

3 Piget me eunctis; sed pietatem majorem illorum habeo qiiieumque in exilio


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