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DISCORSO SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE.

E fero un grido di sì alto suono, Che non potrebbe qui assomigliarsi; Né io io intesi, sì mi vinse il tuono ’.

Poi quando il Poeta, salito alla sfera delle stelle fisse, sentesi inebriato dal canto di tutti gli spiriti beati, e si trova alla presenza di Adamo, padre del genere umano , e i tre principi degli Apostoli risplendevano come Soli che spandono candidi raggi, san Pietro s’infiammò d’improvviso, e un silenzio uni- versale occupò il paradiso. Il primo de’ Papi , adirato per le opere laide de’ suoi successori , impose a Dante d’ udirle e di rivelarle alla terra. Tutti i beati alle sue parole ardevano d’in- dignazione, e il cielo si costernava d’ un’ eclissi come nell’ ora della morte di Cripto *. Quella scena e il discorso di san Pietro, qujind’ altro non rimanesse di tutta 1’ Opera , basterebbero a meritarle oggi il nome di grandissimo fra’ poemi. Gli interpreti lo hanno attribuito all’animosità contro a Bonifacio Vili. Ma Clemente V, e Giovanni XXII, che sopravvisse a Dante, non son essi additati a nome e accusati d’inestinguibile sete d’oro e di sangue?* Le scomuniche: le crociate bandite contro a’ po- poli e a’ principi ; le chiavi del paradiso « fatte segnacolo in vessillo » di legioni cristiane contro a’ cristiani ; 1’ effìgie di san Pietro « fatto figura di sigillo a’ privilegi venduti e men- daci ’’, » erano tutti stromenti dell’autorità pontificia, e d’ an- tica invenzione, e d’abuso anteriore di molte generazioni all’età del Poeta. Le profanazioni della religione eh’ esso vedeva , e per le quali ei pativa, gli parevano forse più enormi; ma con- dannando Bonifacio Vili, non assolveva Innocenzo II, né Gre- gorio VII ; e non pure non li venera fra’ beati , ma non ne parla, e li danna tacitamente con tutti gli altri che per ag- giungere lo scettro al pastorale *, si confederarono a’ re della terra,* onde la sposa di Cristo,

Per esser ad acquisto d’oro usata «,

fu d’indi in qua prostituita alle libidini del più forte.

CLXXXIX. Così il simbolo della Lupa, inteso per la Chiesa meretrice venale : che nel primo canto dell’ Inferno « si am- moglia a molti animali ’, » risponde coerente e perpetuo sino al termine del Poema. Vedo come uno degli annotatori d’una edizione recente s’ accorse che la dissolufa sfacciata , veduta dal Poeta nel paradiso terrestre sul carro mistico della re- ligione, non è diversa dalla bestia allegorica, e lo desume ra-


1 Paradiso, XXI, 130-142.

2 Ivi, XXVIl, 1-66.

3 Ivi, 58-60.

4 Ivi. XXVIL 46-54.

5 Purgalorio’ XVL 1061 12.

6 Paradiso. XXVll’, 40-42.

7 Inferno, I, 100.


DISCORSO