Pagina:Ultime lettere di Jacopo Ortis.djvu/387

Da Wikisource.

SUL TESTO DEL POEMA Di DANTE. 385

nunzia popolare straziava la verKeggiatura e la lingua poe- tica ; nò i recitatori o i cantori degli altrui versi , benché ne facessero arte, sapevano dare alle parole modulazioni che de- stassero gli effetti disegnati dal Poeta, e né pure i significati e le idee proprie d’ogni parola. Sì fatto pericolo di vedere sna- turati i suoi versi indusse il Petrarca a spendere intorno alla lingua latina le cure che aveva incominciato a dare sino dalla prima sua gioventù all’italiana*. Or come e quanto tra bene e male si pronunziasse in quel secolo, chi sarà che sappiaselo indovinare? Pur certo é che ogni secolo e mezzo secolo ha di- versa maniera di delineare le figure dall’alfabetiche, e si pre- sumerà che tutti i secoli ne pronunzino i suoni invariabilmente ad un modo? ’^ L’occhio umano, paziente, fedelissimo organo, è agente più libero e più intelligente degli altri , perché vive più aderente alla memoria ; ma non per tanto non può fare che passino cent’anni, e che le ] enne tutte quante non si di- vezzino dalle forme correnti dell’ alfabeto. Cosi ogni età n’ usa di distinte e sue proprie ; onde per chiunque ne faccia pratica,


< Epistole SeniV, lib. V, 2, 3, al Boccaccio.

2 Callaroga, com’ è scritta da Dante , e città nativa del carnefice san Dome* nico , era di cerio prnnunzata cosi a’ lompi suoi, né i geogn.fl la scrivevano diversamente: pur agli amichi Roni:.ni era Caliguris, e il Volpi trovò che in alcuni tempi del medio evo si mulo in Caìlahora, ed oggi a farla conoscere bisogna pur pronunziarla e scriverla Calarveya. — Paradiso, XIL 52, ed. Piid. — Si quis nunc Valerium appellans in casu vocandi, secundum id praeceptum Nigidii acueìit primam non aberit quin rideatur. — A. Gellius. — Nigidio vi- veva credo, da forse cent’anni innan i. — Gli Enciclopedisti Francesi osser- vano che « par les altérations qui se succèdent rapidement dans la manière » de prononcer et par les lentes corrections dans la manière d’écrire, on écht > une lan^iue et l’on en prononceunc autre; l’inconvénient s’est accru à un tei » excès, qu’on n’ose plus y remédier. » — Ma e qual rimedio, se la pronunzia s’altera insensibilmente? Johnson ha bel dire che a pronunziare ottimamente s’ ha da stare alle lettere scritte. Ma in Inghilterra predicava al deserto. (Vedi la Prefazione al Vocabolario di Walker.) Franklin, fra mille altri tentativi a beneficio de’ suoi concittadini, s’argomentò anche di fermare l’ortografia e re- golarla in guisa che la iironun’ia fosse immagine in tulio della scrittura. In- ventò sei nuovi caratteri, rimutò le forme tuttequante dell’alfabeto inglese, e scrisse alcuni ?aggi che niuno imitò, e che se non fossero stati raccolti fra l’opere sue postume (voi. II, pagg. 351-366, London, Longman, 1806), sarebbero oggi dimenticati. Tant’è malagevole anche agli uomini di grandissima autorità di far prevalere innovazioni le quali contrastano alla consuetudine insieme ed alla natura degli organi umani, veri arbitri delle lingue; —perchè l’uso, chia- mato arbitro solo, non è ?e non efielto delle modificazioni che la natura, come in tutte le allre cose dell’universo, porta dove più, dove meno visibili, ove lente ove preste, ma sempre; e negli organi della voce umana le porta più imperceltibili a un’ora e più rapide che in ogni altra cosa. Onde a Franklin riesci più facile di sottoporre a leggi i fulmini, che a fermare la lingua parlata alla scrittura inventala da esso; perchè quand’anche quanti popoli in Europa e in America e in Asia parlano inglese avessero adottato il suo metodo r.i scrivere, la loro pronunzia era per ricevere di necessità alterazioni infinito che avrebbero richies’o alterazione di metodo. E l’ inglese , più che le altre tutte, pare lingua variabilissima nella pronunzia con gli anni; si perchè è diftusa fra colonie che inavvedutamente partecipano della pronunzia diversa degli aborigeni Indiani, Americani, Africani ; e sì perchè è più parlata nelle faccende pubbliche; e la scrittura sente perciò più necessità ai proseguire ad accomodarsi alia pronunzia popolare.


386