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ultime lettere d’jacopo ortis. 97

fatto la fortuna degli altri fratelli miei. Scrissi molte lettere; non però vidi risposta: o sono miseri, o sono snaturati. Ma per me, ecco il frutto delle ambiziose speranze del padre mio. Quante volte io sono condotto o dalla notte o dalla fame a ricoverarmi in una osteria; ma entrandovi, non so come pagherò la mattina imminente. Senza scarpe, senza vesti... — Ah copriti! gli diss’io, rizzandomi; e lo coprii del mio tabarro. E Michele, che, essendo venuto già in camera per qualche faccenda, vi s’era fermato poco discosto ascoltando, si avvicinò asciugandosi gli occhi col rovescio della mano, e gli aggiustava in dosso quel tabarro; ma con certo rispetto, come s’ei temesse d’insultare alla scaduta fortuna di quella persona così ben nata.

O Michele! io mi ricordo che tu potevi vivere libero sino dal dì che tuo fratello maggiore, avviando una botteghetta, ti chiamò seco; eppure scegliesti di rimanerti con me, benchè servo: io noto l’amoroso rispetto per cui tu dissimuli gl’impeti miei fantastici; e taci anche le tue ragioni ne’ momenti dell’ingiusta mia collera: e vedo con quanta ilarità te la passi fra le noje della mia solitudine; e vedo la fede con che sostieni i travagli di questo mio pellegrinaggio. Spesso col tuo giovale sembiante mi rassereni; ma quando io taccio le intere giornate, vinto dal mio nerissimo umore, tu reprimi la gioja del tuo cuore contento per non farmi accorgere del mio stato. Pure! questo atto gentile verso quel disgraziato ha santificata la mia riconoscenza verso di te. Tu se’ il figliuolo della mia nutrice, tu se’ allevato nella mia casa; nè io t’abbandonerò mai. Ma io t’amo ancor più poichè mi avvedo che il tuo stato servile avrebbe forse indurita la bella tua indole, se non ti fosse stata coltivata dalla mia tenera madre, da quella donna che con l’animo suo delicato e co’ soavi suoi modi fa cortese e amoroso tutto quello che vive con lei.

Quando fui solo diedi a Michele quel più che ho potuto; ed esso, mentre io desinava, lo recò a quel derelitto. Appena mi sono risparmiato tanto da arrivare a Nizza, dove negozierò le cambiali ch’io ne’ banchi di Genova mi feci spedire per Tolone e Marsiglia. — Stamattina quand’ei prima di andarsene è venuto con la sua moglie e con la sua creatura per ringraziarmi, ed io vedeva con quanto giubilo mi replicava: Senza di voi io sarei oggi andato cercando il primo spedale — io non ho avuto animo di rispondergli; ma il mio cuore dicevagli: Ora tu hai come vivere per quattro mesi — per sei — e poi? La bugiarda speranza ti guida intanto per mano, e l’ameno viale dove t’innoltri mette forse a un sentiero più disastroso. Tu cercavi il primo spedale — e t’era forse poco discosto l’asilo della fossa. Ma questo mio poco soccorso, nè la sorte mi concede di ajutarti davvero, ti ridarà più vigore da sostenere di nuovo e per più tempo que’ mali che già ti avevano quasi consunto e liberato per sempre. Goditi intanto del presente — ma quanti disagi hai pur dovuto durare per-


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