Pagina:Una sfida al Polo.djvu/147

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il traditore all’opera 141

pareva che non si trovasse troppo a disagio entro quel letamaio.

— E da che cosa proviene.... questo profumo, chiamiamolo pure così, se è quello gradito dalle belle esquimese. —

Lo chaffeur gl’indicò tre o quattro grossi vasi di pietra porosa, che occupavano un angolo della stanza.

— Da quelli, — disse poi. — Sono pieni d’orina.

— E che!... Questi porci la conservano per....

— Per conciare i loro stivaloni di mare.

— Ed anche le nostre pelli a quanto pare, — disse il canadese, sbucando dal corridoio. — Questo è un vero negozio di profumeria.

— Infernale, — aggiunse lo studente, il quale non cessava di sternutare e di fare delle smorfie ridicole.

Si erano guardati intorno.

Tutto il mobilio si riduceva a grossi rotoli di pelli che alla sera dovevano servire certamente da letti, ed a molti vasi dentro i quali gelavano, immersi nell’olio puzzolente degli anfibi marini, pezzi di foca, di morsa e di narvalo.

Tutto il soffitto era coperto di pesci appesi a delle corde fatte di nervetti intrecciati, pesci già corrotti che spandevano un odore più che nauseante, molto gradito però agli esquimesi i quali preferiscono la carne già molto, anzi troppo passata, a quella fresca. Questione di gusti.

— Se non crepiamo asfissiati è un vero miracolo, signor Gastone, — disse lo studente. — Dovevamo portarci qualche bottiglia di eliotropio o di ilang-ilang!... Per tutti i fulmini di Giove!... Che razza di polmoni posseggono dunque questi orsi umani?

— Si sono abituati, — rispose il canadese.

— Ma io non ci riuscirei mai e poi mai.

— Nemmeno io, credo.