Pagina:Una sfida al Polo.djvu/150

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144 capitolo xi.


Appena si trovarono all’aperto, la popolazione intera fu loro addosso urlando e gesticolando. Pareva in preda ad un pazzo terrore.

— Che cos’è accaduto? — chiese il canadese. — Sono diventati nuovamente matti questi cari amiconi? —

Una bestemmia era sfuggita a Dik.

— Hanno toccato la macchina e l’automobile si è spostata. Purchè non abbiano guastato il radiatore!... —

Infatti il treno, durante la loro assenza, si era avanzato per oltre centocinquanta metri e s’accaniva a salire una roccia incrostata di ghiaccio assolutamente insuperabile.

Qualche curioso aveva mossa la leva e la macchina si era messa in moto a rischio di frantumarsi contro quell’ostacolo.

Dik in pochi slanci la raggiunse ed arresto il motore, mentre la piccola tribù si disperdeva nuovamente in tutte le direzioni malgrado le grida del capo e dell’angekok.

— Nulla di guasto? — chiese il signor di Montcalm, il quale, insieme allo studente, aveva raggiunto lo chaffeur.

— Qualche cosa deve essersi rotto, — disse Dik, la cui fronte appariva annuvolata.

— Il radiatore forse?

— Ah no, signore. Non sarà cosa grave. Prima di domani la nostra macchina sarà in ordine.

Ne rispondo io.

— Saremo così costretti a fermarci qui questa sera.

— È necessario, signore. Devo visitare il meccanismo.

— Abbiamo commessa una imprudenza ad abbandonare il nostro treno, — disse Walter.

— Sarà l’ultima, rispose il canadese.

— Che il diavolo si porti via quel maledetto orso che ha avuto la pessima idea di mettere in moto la nostra macchina.