Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
162 | capitolo xiii. |
— Lo abbiamo legato ben bene e cacciato dentro una capanna.
— Per qualche motivo deve aver sparato, tanto più che era tuo amico e quindi non poteva nutrire odio alcuno verso i tuoi sudditi.
— Ah, io non lo so, ripetè Karalit.
— Allora te lo dirò io, furfante!... — gridò il canadese. — Tu ed i tuoi uomini volevate rovinarci la nostra macchina. Ce l’avete guastata anche ieri.
— Può essere, — rispose candidamente l’esquimese, il quale non perdeva di vista la canna del mauser.
— E hai l’audacia di confessarlo!...
— Sì, uomo bianco, perchè noi non vogliamo che tu vada più oltre verso il gran nord.
— E perchè?
— Perchè l’angekok ha detto che la tua bestia ha uno scopo terribile: quello di distruggere tutti gli orsi, le foche, le morse ed i cavalli marini, e così far morire di fame tutte le tribù degli Innoit. —
Walter scoppiò in una sonora risata, poichè quantunque l’esquimese masticasse la lingua inglese in modo orribile, aveva compreso tutto.
Il canadese invece aveva lanciata una grossa bestemmia.
— Il tuo angekok è un pazzo e tu sei un triplice imbecille! — gridò, furibondo. — Finiamola con questa commedia: noi siamo uomini di corta pazienza.
— Il nostro angekok non si è mai ingannato, — rispose Karalit, e se ha detto così, vuol dire che è la verità.
O torna indietro o noi distruggeremo la tua bestia.
— Fa togliere prima la sbarra che tu hai cacciata dinanzi alla porta.
— No.