Pagina:Una sfida al Polo.djvu/169

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battaglia in mezzo alle nevi 163


— Per tutti i fulmini di Giove!... — gridò lo studente, il quale voleva prendere parte anche lui alla conversazione. — Signor mangiatore di lardo, è ora di finirla con questa storia.

Signor di Montcalm, piantategli una palla sulla punta del naso o lo crivello io come una schiumarola.

— Aspettiamo un po’, Walter, — rispose il canadese. — C’è la macchina fuori e Dik non è più là a difenderla.

Se ce la guastano, addio viaggio al Polo.

— Ai primi colpi di fuoco scapperanno come volpi, ne sono sicurissimo, signore.

— Non dobbiamo dimenticare che tengono nelle loro mani Dik e che gli hanno presa la rivoltella.

— Corpo di Giove!... Che cosa fare dunque? Cedere?

— Vediamo, — disse il canadese. — Questi furfanti contano certamente su qualche premio.

Alle carote dell’angekok non credono nemmeno loro, scommetterei mille dollari contro uno. —

Karalit, seduto su un hummok di neve, colla rivoltella sempre in pugno, circondato da una quarantina dei suoi sudditi, i quali provavano la forza dei loro archi fabbricati con pezzi di corna di renna strettamente legati, aspettava pazientemente che i due esploratori avessero finito di chiacchierare.

Aveva del tempo da perdere il briccone, ora che le sue capanne rigurgitavano di carne e di lardo di balena.

— Insomma, che cosa vuoi? — chiese il canadese, minacciandolo col pugno.

— Te l’ho già detto, uomo bianco, — rispose l’esquimese — Impedirti di avanzare verso il gran nord.

— Ma se ti ho già detto anch’io che il tuo angekok è un pazzo da mandare a casa dello spirito maligno.

— L’angekok ha parlato e basta, — ripicchiò l’ostinato. —