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una sfida grandiosa 59

tamento dell’ultimo piano, diedero ai servi negri una generosa mancia ed uscirono.

Dinanzi all’hôtel russava una bellissima automobile tutto dipinta in grigio, della forza di sessanta cavalli, guidata da un giovane meccanico asciutto come un’aringa e dagli ocelli nerissimi e vivaci.

I quattro uomini si accomodarono sui soffici cuscini e la macchina prese lo slancio, filando a grande velocità attraverso le vie di Oswego.

Cinque minuti dopo marciava già attraverso la campagna coperta di uno strato piuttosto alto di neve, dirigendosi verso il sud-est.

Quantunque le strade americane siano generalmente pessime e si prestino ben poco alle lunghe e fulminee volate delle automobili, specialmente quando cominciano i primi geli, cinque ore più tardi l’automobile di mister Torpon entrava nella bella e popolosa Albany, una delle più graziose dell’America del nord, e si arrestava dinanzi ad un villino d’architettura prettamente italiana, semi-circondato da uno spazioso giardino nel cui centro s’apriva una vasta cinta.

Erano appena suonate le due, quindi miss Perkins doveva trovarsi ancora in casa.

Avevano appena condotta l’automobile in un piccolo e grazioso garage che s’alzava a fianco della pista, entro cui sonnecchiavano parecchie macchine, motociclette, velocipedi, scialuppe-automobili ecc., quando la bella miss si presentò, tutta vestita in seta azzurra con pizzi bianchi, un cappellino piumato sui biondi e splendidi capelli ed un frustino in mano.

— Ah!... Miei gentlemen!... — esclamò, tutta ilare. — Sono ben felice di rivedervi perfettamente ristabiliti.

Voi volete commettere delle sciocchezze. Passi una partita