Pagina:Versi del conte Giacomo Leopardi.djvu/26

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Quel pensier che nel dì, che lusinghiero
     Ti si offeriva ne la notte, quando
     Tutto quieto parea ne l’emispero.
Ma tu inquieto, e felice e miserando,
     M’affaticavi in su le piume il fianco,
     Ad ogni or fortemente palpitando.
E dove io tristo ed affannato e stanco
     Gli occhi al sonno chiudea, come per febre
     Rotto e deliro il sonno venia manco.
Oh come viva in mezzo a le tenebre
     Sorgea la dolce imago, e gli occhi chiusi
     La contemplavan sotto a le palpebre!
Oh come soavissimi diffusi
     Moti per l’ossa mi serpeano, oh come
     Mille ne l’alma instabili, confusi
Pensier mi si volgean! qual tra le chiome
     Talor de’ boschi zefiro scorrendo,
     Un lungo, incerto susurrar ne prome.
E mentre io taccio, e mentre io non contendo,
     Che dicevi o mio cor, che si partia
     Quella per che penando ivi e battendo?
Il cuocer non più tosto io mi sentia
     De la vampa d’amor, che ’l venticello
     Che l’aleggiava, volossene via.