Pagina:Versi di Giacomo Zanella.djvu/312

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298 ero a leandro.


     Allor dicea: tu mi farai morire
Col soverchio ardimento. Or dove giace,
120Di’, del valente nuotator l’ardire?

     Ma che favello sconsigliata? Audace
Tanto mai più non essere, o mio bene;
123Nè scendi in mar se pria nol vedi in pace.

     Basta che non sian rotte le catene
Che i nostri cori allacciano, nè spento
126Cada il foco che n’arde oggi le vene.

     Il mar si muti, ed imperversi il vento,
Mutando lato; io non ho tema alcuna;
129Ma che il tuo cor si muti, io mi sgomento.

     Pavento ancora che la mia fortuna
Vil non ti sembri; e tu nato in Abido
132Lei disprezzi che in Tracia ebbe la cuna.

     Ma tutto io posso tollerar, se infido
Non ti ritrovi, nè novello amore
135Il nostro antico amor cacci di nido.

     Se non fosse più mio quel nobil core,
Onde mi venne sì profonda piaga,
138Preverrei col morir cotanto orrore.