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milton e galileo. 25



II.


     Grande, rossastra, come vela in fiamme,
Di dietro all’Apennin salìa la luna,
E di limpido albor le sottoposte
Pensili selve e le dormenti valli
5Inondava dell’Arno. Assorto il vate
Nell’alte cose udite e nell’incanto
Di quell’itala notte, occhio e parola
Più non movea. Per entro al vaporoso
Candido mar spiccavano le torri
10Della bella Firenze, e come vetro,
Che il sol percota, qua e là dall’ombra
Il fiume uscìa riscintillando. Al bosco
Le fronde non stormían: le vie deserte
E senza voce i casolari. Il volto,
15Su cui pieno battea l’argenteo raggio,
Maria da’ cieli non toglieva ancora,
Quando il padre chiamolla, e pochi detti
Sommesso mormorò. L’orme rivolse
Vêr l’attigua magion quell’amorosa;
20Ed il cieco divin, la man premendo
Del poeta, dicea: “Mio sol, mio giorno