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ASI. — ATTO II. Pururàvasa. Ben volentieri accetto, Come un augurio, del Bramano il detto, (vanno in giro). Manàvaco. Oh ! mira, signor mio, Onesto recinto ameno, Or che sovr'esso primavera scende. Pururàvasa. Sì vaghe piante rimirar vogl’io: Pari ad unghia di donna, all’orlo, t roseo, Ne la corolla bruno t l’amaranto; Dal fiammante color l'asòca tenero Libero sboccia, il suo viluppo infranto. Sul mango il fior dal polline adombrato Quasi azzurrino divenir si vede: Fra giovinezza ed allegria nel prato Bella nel mezzo primavera siede. Manàvaco. Oh guarda 1 Di Madàva È questo un pergolato A cui vengon gli sciami D’api i fiorelli a punzecchiar d’intorno ; Ricopre in giro coi frondosi rami Un sedile di pietra; Ed un asii perfetto Parmi per te: sia dunque il ben accettoI Pururàvasa. Come t’aggrada. Manàvaco. Oh vial Qui—riposato nella queta ombrìa Dei teneri virgulti rampicanti — Dimentica in buon’ora Questa ninfa gentil che t’addolora. Pururàvasa (sospirando). No, l'occhio mio che il fascino ha sentito Di quel viso gentil, qui, non rimane In si bel parco, avvinto alle liane Dal germogliar fiorito! Pur si pensi un rimedio Manàvaco. Oh volentieri ! Ma almeno il tuo lamento Non mi venga a turbar ne’ mici pensieri, (mani/aianio un presagio, Ohi quel che v'è da fare in cor già sento [ira si). Pururàvasa. Posseder quella ninfa io spero invano, Ch’è pari a luna in suo maggior chiarore: E pur qual gioco strano Di me si prende Amore Che delira ad un tratto la mia mente, Quasi l’atteso ben fosse presente? (si leva /urlato).