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5* VICRAMÒRVASI. — ATTO IV. (oitervando) Un affetto ben forte, O principe elefante. Mi stringe a te: pari è la nostra sorte: Del mondo in fra i potenti io son signore, Tu nella specie tua t'ergi legnante ; Tu dalle tempie versi acre sudore, Io spargo i miei tesori ad ogni istante. Fra tante perle Urvàsi ho eletto in core, Tu nella torma la diletta amante : Sol chc non tocchi a te l'aspra disdetta D’esscr lontano dalla tua diletta! Vanne pur, sii felice ! 11 monte è qui Surabicànda detto, Che ricco di squisiti allettamenti £ alle ninfe diletto: Alfin di si bel monte alla pendice Io troverò la mia leggiadra Urvàsi ; Perchè si tenebroso? Or con la luce Della fòlgore almeno Tutto vedrò Che? Non un sol baleno? Ancor questa sciagura Q.ui mi restava; ah no! non vo’ tornare Se pria non giro quest’immensa altura. [ Sta il cignal nei boschi ed erra, Scava a terra Col suo dnro artiglio teso; Gira intorno, striscia al suolo, Ed è solo A frugar nell’erba inteso.] \al monte Surabhdnda] O bel monte da’ fianchi sporgenti, Cui d’amore i convegni fan lieto, Dimmi tu, fra’ tuoi poggi ridenti, Di tue selve nel folto segreto, Dimmi tu: la mia bella nascondi? La mia bella da’ fianchi ritondi? Come? Tace? E pur esso Tanto è da me lontano Chc di farmi ascoltar tentato ho invano; Gli parlerò dappresso: Tu che nel seno hai limpide cascate Ch’han del cristallo i fulgidi bagliori, VICRAMÒRVASI. —