Pagina:Vita di Dante.djvu/179

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La qual è si invilita,
Ch’ogni uom par che mi dica: lo t’abbandono,
Veggendo la mia labbia tramortita.
Ma quel ch’io sia, la mia donna il si vede,
Ed io ne spero ancor da lei mercede.

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Quantunque volte, lasso, mi rimembra
Ch’io non debbo giammai
Veder la donna ond’io vo si dolente,
Tanto dolore intorno al cor m’assembra
La dolorosa mente,
Ch’io dico: Anima mia, che non ten vai?
Che li tormenti che tu porterai
Nel secol che t’è già tanto noioso,
Mi fan pensoso di paura forte.
Ond’io chiamo la morte,
Come soave e dolce mio riposo;
E dico: Vieni a me; con tanto amore
Che sono afflitto di chiunque muore.

Certo nè Petrarca nè Tasso fra gli antichi, nè Schiller, Byron o nessun moderno, non ebbero amore mai, od è altrettanto o più vero questo che s’esprime in tal modo.
Ma il maggior suggello di verità di tutto ciò