Pagina:Vita di Dante.djvu/183

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ANNI 1290-1293 173

tempo, la mia mente, che s’argomentava di sanare, provvide (poichè nè il mio, nè l’altrui consolare valeva) ritornare al modo, che alcuno sconsolato avea tenuto a consolarsi. E misimi a leggere quello non conosciuto da molti libro di Boezio, nel quale, cattivo e discacciato, consolato s’avea. E udendo ancora, che Tullio scritto avea un altro libro, nel quale trattando dell’amistà, avea toccate parole della consolazione di Lelio, uomo eccellentissimo, nella morte di Scipione amico suo, misimi a leggere quello. E avvegnachè duro mi fosse prima entrare nella loro sentenza, finalmente v’entrai tant’entro, quanto l’arte di Gramatica che io avea, e un poco di mio ingegno potea fare; per lo quale ingegno molte cose, quasi come sognando, già vedea, siccome nella Vita nova si può vedere. E siccome essere suole, che l’uomo va cercando argento, e fuori della intenzione trova oro, lo quale occulta cagione presenta, non forse senza divino imperio; io che cercava di consolare me, trovai non solamente alle mie lagrime rimedio, ma vocaboli d’autori e di scienza, e di libri, li quali considerando, giudicava bene, che la fi-