Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/129

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(20) pensieri 103

stile, ordine, scelta ec. non si soffrono e non si leggono e sono condannati non mica dai pregiudizi, ma dal tempo giudice incorrotto e inappellabile, se colla proprietà, eleganza, nobiltà ec. ec. ec. delle parole e della lingua e delle idee, colla scelta, coll’ordine, colla collocazione ec. ec. infinite necessarissime doti si procacciano alla poesia; c’è bisogno dell’arte, e di grandissimo studio dell’arte, in questo nostro tempo massimamente, per le ragioni che piú volte in questi pensieri ho scritto. E noi vediamo che i grandi scrittori, quelli che tutto il mondo venera, quelli cosí infinitamente superiori ai pregiudizi, quelli finalmente i quali se non sono veramente ed eternamente grandi non c’è piú cosa grande né speranza di diventar grande, noi vediamo che Cicerone (e l’eloquenza è cosa molto simile alla poesia) studiò profondissimamente l’arte sua e la sua lingua e la grammatica e gli esemplari greci quanto mai si può pensare, ec. e con tutto questo studio non diventò già un uomo da nulla né un pedante né un imitatore e che so io, ma diventò un Cicerone; e se Cicerone come scrittore e oratore; o signor Breme, non vi quadra, come né anche PindaroOrazio, vi do subito la buona notte, e mi dispiace di non averlo saputo prima (e già di sopra s’è osservato che il primitivo bisogna impararlo dagli antichi). Non si ricorda il Breme di quella osservazione filosofica che è pur vecchia, dico, che i mezzi piú semplici e veri e sicuri sono gli ultimi che gli uomini trovano, cosí nelle arti e nei mestieri come nelle cose usuali della vita, e cosí in tutto. E cosí chi sente e vuol esprimere i moti del suo cuore ec. l’ultima cosa a cui arriva è la semplicità e la naturalezza, e la prima cosa è l’artifizio e l’affettazione; e chi non ha studiato e non ha letto, e insomma come costoro dicono è immune dai pregiudizi dell’arte, è innocente ec. non iscrive mica con semplicità, ma tutto all’opposto; e lo vediamo nei fanciulli che per le prime volte