Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/139

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(25-26) pensieri 113

infelicemente, (giacché non sempre anzi non sovente è felice come ho detto di qualche volta) nelle locuzioni nelle costruzioni; e quel ch’è piú e che l’uccide, è disugualissimo ridondante di pezzi deboli pel sentimento anzi anche di Canzoni o intere o quasi; di stile per l’ordinario infelice lingua incolta (neglexit linguae cultum, dice il Gravina nella lettera latina al Maffei, e cosí è) sí che non sono se non rarissimi quei pezzi dei quali si possa dire tutto il bene, e in cui, quando anche l’immagini e i sentimenti sieno perfetti il che non è tanto raro, l’esteriore dello stile non abbia difetti che saltano grandissimamente all’occhio e disgustano. Che s’egli avesse avuto scelta (delectum rerum et limam amisit, dice verissimamente il Gravina l. c.) e lima (delle quali forse e massime della seconda non era capace) sarebbe il piú gran lirico pindarico che abbia qualunque nazione antica e moderna, da non potersegli paragonare né Orazio né verun altro eccetto lo stesso Pindaro. Questi difetti principalmente (di scelta e di lima tanto per le cose che per le parole, giacché gli altri accennati di sopra non son tanto gravi, e già si sa che un gran poeta deve aver grandi difetti, sí che se non fossero altro che quelli, io non dubiterei di tenerlo tuttavia per un gran lirico) fecero che siccome era nato effettivamente il suo lirico all’Italia, cosí anche le venne meno, giacché non si può dire che sieno buone poesie liriche i versi del Chiabrera, ma solamente che questi fu vero poeta lirico.


*   Una considerazion fina intorno all’arte dello scrivere è questa che alle volte, la collocazione, diremo, fortuita delle parole, quantunque il senso dell’autore  (26) sia chiaro tuttavia a prima vista produca ne’ lettori un’altra idea, il che, quando massime quest’idea non sia conveniente bisogna schivarlo, massime in poesia dove il lettore è piú sull’immaginare e piú facile a