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(62-63) pensieri 173

diffusosi alle forme ec. e divenuto nocevole al genio nativo della lingua. Vedi p.312.


*   Si suol dire che leggendo certi autori semplici, piani, spontanei, fluidi, facili, disinvolti, naturali ec., pare a tutti di saper far cosí, che poi alla prova si vede come sia falso. Ma leggendo Senofonte par proprio che tutti scrivano cosí e che non si possa né sappia scrivere altrimenti, se non quando si passa da lui a un altro scrittore o da un altro scrittore alla lettura di esso. Perché gli altri scrittori si capisce che son semplici, in Senofonte non si scorge neppur ciò.


*   Nella gran battaglia dell’Isso, Dario collocò i soldati greci mercenari nella fronte della battaglia, (Arriano l. 2, c. 8, sez. 9; Curzio, l. 3. c. 9, sez. 2), Alessandro i suoi mercenari greci proprio nella coda, (Arriano c. 9, sez. 5). Curiosa e notabilissima differenza e da pronosticare da questo solo l’esito della battaglia. Perché era chiaro che tutta la confidenza dei Persiani stava in quei trentamila greci, e pure eran greci anche i mercenari d’Alessandro (Arriano c. 9, sez. 7) ed egli li poneva alla coda. Quindi è chiaro ch’egli confidava piú nel resto che in questi, e quello che era il piú forte dell’esercito Persiano era il piú debole del Macedone. E Dario si fidava piú del valore dei mercenari che di coloro che combattevano per la loro patria e avea ragione: Alessandro avendo gli stessi mercenari  (63) sapeva che sarebbero stati piú valorosi gli altri che combattevano per l’onor loro e di lui e la vendetta della patria, ed avea somma ragione. E infatti la propria falange Macedone venuta alle mani essa coi trentamila mercenari, combatterono ma furon vinti. E però da questa sola diversità delle due ordinanze, da cui si poteva arguire l’infinita diffe-