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(98-99) pensieri 209

reggia, ed anche parlarvene, e rivolgere immediatamente la (99) conversazione sopra quel soggetto.


*   Udrai dire sovente che per esser compatito o per interessare, giova indirizzarsi a chi abbia provato le stesse sventure o sia stato nella stessa tua condizione. Se intendono del passato, andrà bene. Ma non c’è uomo da cui tu possa sperar meno che da chi si ritrova presentemente nella stessa calamità o nelle stesse circostanze tue. L’interesse ch’egli prova per se, soffoca tutto quello che potrebbe ispirargli il caso tuo. Ad ogni circostanza, ad ogni minuzia del tuo racconto, egli si rivolge sopra di se, e le considera applicandole alla sua persona. Lo vedrai commosso, crederai che senta pietà di te, ma la sente di se stesso unicamente. T’interromperà ad ogni tratto con dirti: appunto ancor io: oh per l’appunto: se sapessi quello ch’io provo: questo è propriamente il caso mio. Fa al proposito l’esempio d’Achille piangente i suoi mali mentre ha Priamo a’ suoi ginocchi. Si proverà anche d’estenuare la tua miseria, il tuo bisogno, la ragionevolezza de’ tuoi desideri, per ingrandire quello che lo riguarda: Va bene, ma abbi pazienza, tu hai pure questo tal conforto; io all’opposto.... e cosí discorrendo. Insomma sarà sempre impossibile di rivolger l’interesse vivo e presente che uno ha per se, sopra i negozi altrui (parlo anche, serbata una certa proporzione, degli uomini di cuore e d’entusiasmo), e, quando l’uomo è occupato intieramente del suo dolore (o anche della sua gioia e di qualunque passion viva), indurlo ad interessarsi per quello d’un altro, massimamente se sia della stessa specie. Sarà sempre impossibile attaccar l’egoismo cosí di fronte, quando anche da lato è cosí difficile a spetrare. E, soprattutto trattandosi di azione, non isperar mai nulla da un giovane che come te si trovi disgustato della vita domestica e come te senta il bisogno di procurarsi i mezzi di troncarla, da un militare di-