Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/437

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(349-350-351) pensieri 409

cominciavano (350) a sentire e prevedere la febbre divorante e consuntiva della ragione e della filosofia; la distruzione di tutto il bello il buono il grande, e di tutta la vita; l’opera micidiale e le stragi di quella ragione e filosofia che aveva avuto il primo impulso e cominciò la sua trista devastazione in Germania, patria del pensiero, come la chiama la Staël, non inducendo gli uomini da principio se non ad esaminar la religione e negarne alcuni punti, per poi condurli alla scoperta di tutte le verità piú dannose e all’abbandono di tutti gli errori piú vitali e necessari. I lumi cagionati dal risorgimento delle lettere erano appunto allora giunti a quel grado che bastava per cominciare l’infelicità e il tormento di un popolo, al quale la natura era stata meno larga dei mezzi di felicità, che sono l’immaginazione ricca e varia e le illusioni. Ne avevano naturalmente quanto bastava (e cosí gl’inglesi ai tempi di Ossian, come gli stessi germani ai tempi de’ bardi e di Tacito), ma non tanti né tanto forti da resistere ai lumi cosí lungamente, come i paesi meridionali e, soprattutto, la Spagna e l’Italia, dove anche oggidí si vive poco, è vero, perché manca il corpo e il pascolo materiale e sociale delle illusioni, ma si pensa anche ben poco (23 novembre 1820). La Spagna s’é trovata finora nello stesso caso. Il suo clima e la situazione geografica e il governo ec. (351) proteggevano le illusioni come in Italia, senza però lasciarnela profittare né procurarsene punto di vita, massime esterna e sociale.


*   A tutto quello che ho detto di Teofrasto si può aggiungere come altra cagione della qualità che ho notato in lui il suo sapere enciclopedico che apparisce dal catalogo delle sue opere, la massima parte perdute. Il qual sapere e la quale speculazione intorno ad ogni genere di scibile egli non lo faceva servire, come Platone, all’immaginativa, per fabbricarne un