Pagina:Zibaldone di pensieri II.djvu/159

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146 pensieri (712-713-714-715)

lendo veder l’esito in qualunque  (713) modo, per liberarti dal timore di non ottenere il tuo fine, perdi quello che avresti conseguito se non avessi temuto, e se quindi ti fossi diportato piú quietamente, con meno confusione ec. Insomma avessi sostenuto di aspettare che la cosa andasse come doveva, e nel tempo conveniente ec. Insomma spessissimo nei negozi dubbi, ancorché non di somma importanza, affrettando l’esito, non tanto per ismania di conseguire, quanto per impazienza di dubitare, perdiamo il nostro intento: e questo ci accade anche nelle menome e giornaliere e materiali operazioni della vita. Notate quelle parole non tanto per ismania ec. nelle quali consiste la novità e proprietà di questo pensiero, perché il detto effetto dell’impazienza è comunemente notato, ma si attribuisce all’impazienza di conseguire (3 marzo 1821).  (714)


*   Spesse volte il troppo o l’eccesso è padre del nulla. Avvertono anche i dialettici che quello che prova troppo non prova niente. Ma questa proprietà dell’eccesso si può notare ordinariamente nella vita. L’eccesso delle sensazioni o la soprabbondanza loro, si converte in insensibilità. Ella produce l’indolenza e l’inazione, anzi l’abito ancora dell’inattività negl’individui e ne’ popoli; e vedi in questo proposito quello che ho notato con Mad. di Staël, Floro ec. p. 620 fine - 625 principio. Il poeta nel colmo dell’entusiasmo della passione ec. non è poeta, cioè non è in grado di poetare. All’aspetto della natura, mentre tutta l’anima sua è occupata dall’immagine dell’infinito, mentre le idee segli affollano al pensiero, egli non è capace di distinguere, di scegliere, di afferrarne veruna: insomma non è capace di nulla, né di cavare nessun frutto dalle sue sensazioni: dico nessun frutto o di considerazione e di massima, ovvero di uso e di scrittura; di teoria né di pratica. L’infinito non si  (715) può esprimere se non quando non si