Pagina:Zibaldone di pensieri II.djvu/27

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14 pensieri (476-477)

lusioni, ma del principio di esse, non solo della vita dell’animo, ma della vita delle cose, cioè la mancanza di cose che realizzino e fomentino queste illusioni; la difficoltà o impossibilità di far cose grandi o importanti, e di essere o considerarsi come importante; la nullità, o piccolezza, e ristretta esistenza del suddito ancorché innalzato a posti sublimi. Del resto paragonate questo tratto del carattere Romano a quei tempi, col carattere francese oggidí, nazione snervata dall’eccessiva civiltà, col carattere de’ loro uomini piú insigni per l’azione; e ci troverete un’evidente conformità (5 gennaio 1821). Vedi p. 620, fine e 629, capoverso 1.


*    Alla p. 466, pensiero 1. Quippe ita se res habet, ut plerumque, qui fortunam mutaturus Deus, (Voss legge cui fortunam. al. delent τὸ qui, et melius) consilia corrumpat, efficiatqu, quod miserrimum est, ut quod accidit, etiam merito accidisse videatur, et casus in culpam transeat. Velleio II, 118, sect. 4 (6 gennaio 1821).


*    Non punir mai l’ingiuria che non hai meritata, né lasciare impunita quella che hai meritata.  (477) Perdona al tuo calunniatore, punisci il tuo detrattore. Non far caso di chi ti schernisce a torto, ma piglia vendetta di chi ti motteggia a ragione (7 gennaio 1821).


*    Alla p. 375. principio. In questo proposito, la differenza o dell’ingegno o del giudizio, si può vedere in Livio, il quale è il poeta della storia, poeta vero e grande, e degno di servir di studio e di maestro ai poeti; e nondimeno è il modello splendidissimo della piú perfetta prosa. Laddove costoro, e pessimi prosatori (7 gennaio 1821) e non perciò migliori poeti ordinariamente. Vedi p. 526, capoverso 1.


*    Alla p. 472. Tanto piú che quella guerra, come consistente in domar popoli affatto barbari, non pare