Pagina:Zibaldone di pensieri II.djvu/472

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(1171-1172) pensieri 459

quanto di forma. Anzi, prima di trovare i metalli, e dopo tutto ciò, prima di pensare a ridurre ed erigere in rappresentanti di tutte le cose, o necessarie o utili o dilettevoli, de’ pezzi di materia per se stessa (massime anticamente) o inutile o poco utile, disadatta, pesantissima e (riguardo ai metalli che formarono le prime monete, cioè rame o ferro ec.) bruttissime ancora a vedersi; e quanto spazio passasse effettivamente prima di tutto ciò, si deduce anche dal fatto e dal vedere che a’ tempi d’Omero, o almeno a’ tempi troiani (benché certo non incólti), o mancava o era di poco e raro uso la moneta.

E qui torno a domandare se la natura poteva ragionevolmente porre sí grandi, numerosi, incredibili ostacoli al ritrovamento di un mezzo necessario e principale per ottener quella che noi chiamiamo  (1172) perfezione e felicità del genere umano, cioè l’incivilimento, e dico al ritrovamento dell’uso della moneta.

Osservate poi, nella stessa moderna perfezione delle arti, le immense fatiche e miserie che son necessarie per proccurar la moneta alla società. Cominciate dal lavoro delle miniere ed estrazion dei metalli e discendete fino all’ultima opera del conio. Osservate quanti uomini sono necessitati ad una regolare e stabile infelicità, a malattie, a morti, a schiavitú o gratuita e violenta o mercenaria, a disastri, a miserie, a pene, a travagli d’ogni sorta, per procurare agli altri uomini questo mezzo di civiltà e preteso mezzo di felicità. Ditemi quindi: 1°, Se è credibile che la natura abbia posta da principio la perfezione e felicità degli uomini a questo prezzo, cioè al prezzo dell’infelicità regolare di una metà degli uomini (e dico una metà, considerando, non solo questo, ma anche gli altri rami della pretesa perfezione sociale, che costano il medesimo prezzo). Ditemi, 2°, se queste miserie de’ nostri simili sono consentanee a quella