Pagina:Zibaldone di pensieri II.djvu/78

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(564-565-566) pensieri 65

quel modo, se non per una necessità certa e definita; ed era divenuta indispensabile quella che ora lo è molto piú, in proporzione della maggior corruttela, cioè la matematica delle cose, delle regole, delle forze.  (565)

Ma restava ancora nel mondo tanta natura, tanta forza di credenze naturali o illusioni, da poter sostenere lo stato democratico e conseguirne una certa felicità e perfezione di governo. Uno stato favorevolissimo alle illusioni, all’entusiasmo ec.; uno stato che esige grand’azione e movimento; uno stato dove ogni azione pubblica degl’individui è sottoposta al giudizio, e fatta sotto gli occhi della moltitudine, giudice, come ho detto altrove, per lo piú necessariamente giusto; uno stato dove per conseguenza la virtú e il merito non poteva mancar di premio; uno stato dove anzi era d’interesse del popolo il premiare i meritevoli, giacché questi non erano altro che servitori suoi ed i meriti loro non altro che benefizi fatti al popolo, il quale conveniva che incoraggisse gli altri ad imitarli; uno stato dove, se non altro, e malgrado le ultime sventure individuali, non può quasi mancare al merito ed alle grandi azioni il premio della gloria, quel fantasma immenso, quella molla onnipotente nella società; uno stato, del  (566) quale ciascuno sente di far parte e al quale però ciascuno è affezionato e interessato dal proprio egoismo e come a se stesso; uno stato dove non c’è molto da invidiare, perché tutti sono appresso a poco uguali, i vantaggi sono distribuiti equabilmente, le preminenze non sono che di merito e di gloria, cose poco soggette all’invidia, e perché la strada per ottenerle è aperta a ciascheduno, e perché non si ottengono se non per mezzo e volontà di ciascheduno, e perché ridondano in vantaggio della moltitudine; in somma, uno stato, che sebbene non è il primitivo della società, è però il primitivo dell’uomo, naturalmente libero e padrone di se stesso e uguale agli altri (come