Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/77

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[p. 188 modifica] come impedimenti e contrasti a quella felicità che agli antichi non pareva un sogno, come a noi pare (ed effettivamente non era tale per essi, [che] certamente speravano, mentre noi disperiamo, di poterla conseguire) come mali evitabili e non evitati. Perciò la vendetta del cielo, le ingiustizie degli uomini, i danni, le calamità, le malattie, le ingiurie della fortuna, pareano mali tutti propri di quello a cui sopravvenivano: in fatti il disgraziato al contrario di adesso solea per la superstizione che si mescolava ai sentimenti e alle opinioni naturali, esser creduto uno scellerato e in odio agli Dei, e destar piú l’odio che la compassione. Quindi il dolor loro era disperato, come suol essere in natura, e come ora nei barbari e nelle genti di [p. 189 modifica]campagna, senza il conforto della sensibilità, senza la rassegnazion dolce alle sventure da noi, non da loro, conosciute inevitabili; non poteano conoscere il piacer del dolore, né l’affanno di una madre, perduti i suoi figli, come Niobe, era mescolato di nessuna amara e dolce tenerezza di se stesso ec., ma intieramente disperato. Somma differenza tra il dolore antico e il moderno per cui con ragione si raccomanda al poeta artista ec. moderno di trattar soggetti moderni, non potendo a meno trattando soggetti antichi di cadere in una di queste due, o violare il vero, dipingendo i fatti antichi con prestare ai suoi personaggi sentimenti e affetti moderni, o non interessare né farsi