Pensieri e discorsi/L'èra nuova/II

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L'èra nuova - I L'èra nuova - III
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II.


Un poeta del nostro secolo non credo che possa parlare altrimenti che così. E credo che ad esso alcuno potrebbe rispondere dicendo: Ma ne hai colpa tu, di codesto: tu e i tuoi compagni. Sei tu poeta, e non altri, colui che deve spogliare gli uomini della loro ferità! Tu sei un Orfeo che siedi ozioso sotto [p. 113 modifica]un albero di Rodope: qualcuno ti si appressa e ti domanda, perchè non canti; e tu rispondi: perchè le fiere sono fiere. Ma devi tu, Orfeo, ammansarle, condurle dietro te, queste fiere, e renderle uomini con la virtù persuasiva del tuo canto. In verità se la condizione morale degli uomini nel nostro secolo non ha migliorato, sì che una proposta di disarmo si può considerare come un’occasione, voluta o no, di guerra, e una festa universale del lavoro non si può credere se non una sosta avanti la rincorsa, un momento di silenzio avanti l’uragano, l’ultima esitazione avanti la strage e lo sterminio; se tale è lo stato degli spiriti umani in questa sera e in questa alba di secolo; la colpa nè va data principalmente a chi ha la missione di sacerdote e di pacificatore. E questo è il poeta e la poesia. S’intende che non bisogna limitare troppo il concetto di poeta e poesia; non bisogna incarnarlo in questa o quella troppo lieve parvenza; bisogna anzi dimenticare molte cose e persone, e molti molti molti versi, e ricordare, anzi, una cosa sola: che il poeta è quello e la poesia è ciò che della scienza fa coscienza. La scienza può dire alla poesia: Io ho lavorato, e tu no: dal mio lavoro non è nato tutto il bene che doveva, ed è nato anche del male che non doveva, perchè tu non hai cooperato con me. Io ho dato il grano; ma tu non ne hai fatto il pane. Io ho pòrto il grappolo; ma tu non ne hai spremuto il vino. Io ho fornita la verità; ma tu non ne hai nutrite le anime. Io non posso far tutto io sola.