Pensieri e discorsi/L'Avvento/Introduzione

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L'Avvento L'Avvento - I

[p. 221 modifica]Donne gentili, fedeli della pietà, che avete il cuore all’infanzia abbandonata, che siete qui adunate per dare cibo e ricovero ai piccoli dell’uomo che non hanno ciò che hanno i piccoli della bestia:

è l’avvento! Sta per nascere l’infante che sarà involto di cenci e deposto nella mangiatoia d’una capanna.

— Non c’era luogo per essi nell’albergo. —

Ho sentito sonare la zampogna dei monti. Non era cominciato il crepuscolo mattutino. S’udiva sul lastrico appena appena qualche scalpiccìo che pareva d’uomini già stanchi sin dal primo principio della faticosa giornata. In uno di quei fondi ove, oltre tutto il resto, manca l’aria, ardeva un lume rosso. Di là dentro veniva quel dolce suono d’organo pastorale antico come gli antichi pastori che erravano con le greggi prime addomesticate. Ne usciva la voce mesta e soave della fanciullezza del genere umano, della fanciullezza d’ognun di noi con quell’accorarsi non si sapeva perchè, con quello sperare non si sapeva di che, con quel bisogno improvviso di godersi a piangere al collo della madre, chi l’aveva ancora.

[p. 222 modifica] Le stelle brillavano ancora nel cielo così bello e puro. Quel canto di zampogna pareva dovesse avere un’eco nel firmamento. Quel focherello di quaggiù, così umile e rossastro, pareva avere un perchè di cui le stelle di lassù, così limpide e d’oro, fossero consapevoli.

Di lì a poco le stelle impallidirono e scomparvero insensibilmente. Il lumino si spense e la sinfonia pastorale si tacque e il piccolo rito finì. E all’apparire dell’alba cominciò il tramestìo e lo scalpitìo soliti, con quel doloroso sforzo di voci strascicate, di piedi strascicati, di vite strascicate.

Era giorno, e tutto era come prima: l’oggi come il ieri e il domani.

O povero ciaramellaro dei monti, perchè hai dunque sonato l’avvento? l’avvento di che? che cosa è questo regno che ha sempre da venire e non viene mai? questo regno che ha da essere in terra come in cielo? questo regno che ha da fare un cielo nella terra? Oh! come ogni anno si dice che verrà? come ogni secolo si dice che è per venire? come ogni millennio si dice che non è venuto? Mai dunque? mai? Vano è dunque sperare, vano sognare, vano pensare; chè gli uomini, e singoli e insieme, sono condannati a patire o fame o rimorso; a patire l’odio che loro si porta, e, peggio, l’odio che portano agli altri; a patire, oltre il male che la natura ci ha assegnato, anche quello che ci fanno i nostri fratelli, e peggio quello che facciamo noi ai nostri fratelli? Povero ciaramellaro, perchè canti così dolcemente e inconsciamente l’avvento del regno che non può avvenire? Non vedi, nel tugurio dove suoni l’organo silvestre dell’umile rito, non vedi forse un [p. 223 modifica]infante involto appena in cenci, deposto su peggio che una mangiatoia? non sai che quell’infante è destinato forse a non aver pietra su cui posare la testa, a non aver forse cibo nè per il suo corpo nè per la sua anima, esser forse col tempo incatenato e segregato, privato della sua libertà dagli uomini che gli negarono la sua educazione, spogliato del suo nome dalla società che gli negò il suo pane? Ciaramellaro, riponi la tua ciaramella.

Noi non ci crediamo più!